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Vincenzo Morelli

AVEVANO PENSATO A TUTTO

ovvero
Cronaca di un sopruso legale

 


 

Avevano pensato a tutto...

Avevano pensato a tutto, previsto tutto, proprio tutto i Confratelli Bresciani nel loro contratto con Giovanni Morelli quando " a di quattro Settembre 1822 " con istrumento del " Notaro pubblico Angelo Monti residente di studio in Roma Via degli Offici dell’E.mo Vicario Numero 32 "gli cedevano in Enfiteusi per tre generazioni mascoline tre delle loro Case per mantenerle in buono stato.

"[...] Il detto Signor Giovanni Morelli per se e i suoi promette, e si obbliga pagare il canone annuo di scudi 113 e baj: 71 moneta Romana, corrente, e sonante di argento, e di oro effettivo, esclusa sempre per modo di regola e per patto sostanziale del presente contratto, qualsivoglia altra specie di moneta, o carta moneta sebbene di natura sua, o per disposizione di legge uguale alla somma indicata, al beneficio della qual legge esso Signor Giovanni Morelli per se, ed i suoi espressamente rinuncia, senza di qual patto non si sarebbe effettuato il presente contratto, perché così e non altrimenti.[...]..Che se d.° Sig.r Morelli, e suoi commettessero un qualunque delitto, (il che Iddio non permetta) e per esso si facesse luogo alla Confisca de’ Beni, in tale caso li sudetti Fondi, annessi, e miglioramenti qualsivogliano, s’intendano per quindici giorni avanti il Commesso delitto devoluti, e ricaduti a d.a Ven: Chiesa, e Confraternita Proprietaria,..[...] e non ostante qualunque Caso fortuito ( che Iddio non voglia ) come d’inondazione, sterilità, siccità, grandine, tempesta, guerra, terremoto, peste, invasioni, sollevazioni saccheggiamenti, sopravenienza di sorci, ed altri insetti, morte ed assenza del Sommo Pontefice con tutta la sua Corte da Roma [...] e non ostante qualsivoglia altro caso pensato, o impensato e qui non espresso [...]."......a tutto avevano pensato ...

....tranne ai Piemontesi e alle loro leggi,

grazie alle quali non solo Giovanni non avrebbe più pagato, ma addirittura gli avrebbe
portato via tutto !

    Figuriamoci allora i Confratelli Fiorentini, che nell’istrumento redatto dal loro Notaro Venanzio Pasini del Consolato dei Fiorentini sempre con Giovanni Morelli per i quindici corpi di Case in Enfiteusi, non avevano previsto nessuna di queste calamità, se potevano pur lontanamente immaginare che, cinquanta anni dopo, le truppe di invasione Italiane entrando a Roma, non si sarebbero presentate a mani vuote ai figli di Giovanni.
    E si...., perché è andata proprio così !
    Allora, torniamo un po’ indietro negli anni e cerchiamo di immaginare cosa deve aver pensato la "gente" che ha vissuto gli avvenimenti del Sessanta, Settanta ed Ottanta, parliamo dell’ 800 chiaramente, anni a Roma come ben sappiamo di grandi sconvolgimenti politici e sociali che, come tutte le cose della vita, si traducono poi nella pratica in "ordinario vissuto quotidiano" che, come in questo specifico caso, diventa soggetto diretto della nostra storia.
    Precisiamo che nonostante la situazione si sia ripetuta parallelamente anche sulla Confraternita dei Bresciani, questo scritto riguarda per lo più il rapporto con la Confraternita dei Fiorentini, caso che noi abbiamo definito come una " cronaca di un sopruso legale" perpetrato ai danni di questa Ven. Archic˜ ta
    Il documento che riportiamo di seguito è la trascrizione integrale della relazione che Alessandro Del Magno, nuovo Presidente, così si definisce, della Ven: Congregazione di S. Giovanni dei Fiorentini fa per Sua Em.za Rev.ma il Cardinal Vicario M. Parocchi su richiesta di quest’ultimo sull’ affare Morelli, dopo che una supplica al Papa Leone XIII fatta da un certo Luigi Morelli era passata per le sue "Venerabili mani".
    Il documento non è datato, ma risale con precisione al 1884, e rispecchia in pieno la delicata situazione in cui si venne a trovare l’Arciconfraternita dei Fiorentini; sia sul piano del principio per l’affronto subito, sia sul piano economico finanziario per la perdita dei beni, anche se il tenore della relazione sembra insistere più sul solo aspetto economico del danno subito, forse per sensibilizzare maggiormente il Vicario.
    Utilizziamo questo manoscritto, in quanto fonte originale del racconto (versione dei Fiorentini), per informare il lettore e metterlo al corrente della "Storia dei fatti" come viene definita da chi lo ha steso, sull’affare Morelli; storia che scorrerà parallelamente all’altra (versione Morelli), che per quanto ci riguarda inizia intorno agli anni 1815-1818 e terminerà addirittura verso il 1960.
    Infine, per maggiore chiarezza, richiamiamo l’attenzione sul fatto che l’autore di questo specifico documento, sicuramente per errore di interpretazione delle carte presenti nell’archivio, già per lui datate oltre 60 anni prima, confonde inizialmente il nome di Giovanni, il vero artefice dell’enfiteusi, con il figlio Luigi che invece ha attivato la procedura di affrancazione.

Buona lettura.


Relazione che il Presidente della Cong. di S. Giovanni dei Fiorentini Alessandro Del Magno fa per Sua Eminenza il Cardinal Vicario M. Parocchi sull’affare Morelli, per rispondere alla supplica fatta da Luigi Morelli al Papa Leone XIII. 1884.

Archivio dei Fiorentini (vol. 788).

Storia dei fatti

    Per bene penetrarsi del fatto in quistione, conviene che il lettore si richiami al 1821 in prossimità della fatta ripristinazione del Pontificio Governo dopo la caduta di Napoleone primo Imperatore dei Francesi, e quindi nel riordinamento delle Corporazioni religiose e pii stabilimenti nei pochi beni che erano rimasti invenduti.
    Tra questi trovavasi l’arciconfraternita della Pietà di S. Giovanni dei Fiorentini, la quale nella triplice sua rappresentanza di amministratrice dei proprii fondi di quelli della Chiesa di S. Giovanni e dell’annesso Ospedale aveva diversi fondi urbani sparsi per la Città i quali, avendo sostenuta l’epoca dell’abbandono, trovavansi fatiscenti, e per impedirne la perdita, bisognosi di immediato ristauro, per il quale l’architetto Moneti aveva deciffrata la somma di R./ni Scudi 500.
    Lo sborso di questa somma recando non piccolo aggravio nella Amm./ne della Venerabile Confraternita, venne risoluto di provvedersi nel bisogno con qualche mezzo sussidiario, e da quella Deputazione Segreta Direttrice dell’ Ammm./ne non fu trovato migliore espediente che provvedervi con una lunghissima locazione e conduzione che venne determinata in una enfiteusi a terza generazione per un annuo Canone al migliore offerente.
    Si osserva che i fondi urbani destinati a tale provvedimento comparivano in Numero di 15, ma in realtà non erano che 14 Corpi mentre la quindicesima Casa comprendeva due ingressi e due abitazioni. E’ parimenti da osservarsi la trascuraggine di quella Congregazione Segreta di detta epoca, congiuntamente alla superficialità dell’Architetto Moneti, i quali ritennero tutte queste Case di assoluta e libera proprietà della Confraternita nei due enti amministrati Chiesa ed Ospedale, mentre in via di fatto dopo la celebrazione del contratto furono rinvenute molte di queste Case solo di dominio utile della Confraternita per enfiteusi perpetua, il cui Dominio diretto aspettava ad altri Corpi morali, e sulle quali doveva la Confraternita pagare i relativi annui Canoni e quindenni, per i quali ascendevano alla somma di Scudi 23. e 60, non contemplati i quindenni da pagarsi alla legali scadenze, per il che anche oggi ed in perpetuo la Confraternita si troverà nell’obbligo di erogare questa somma.
    Pubblicato il proggetto di enfiteusi a terza generazione e provocate le pubbliche offerte due se ne rinvennero migliori e nella stessa Cifra di Scudi 200, sulle quali richiamata la Vigesima per parte di Luigi [leggi Giovanni] Morelli si giunse all’annua offerta di scudi 220 per tutte le indicate Case, coll’obbligo assunto degli immediati ristauri fino alla somma di Scudi 500.
    Prescelto a questa concessione Luigi Morelli [leggi Giovanni], fratello della Confraternita med./ma ed insieme operaio falegname del pio Stabilimento, colle rispettive autorizzazioni Pontificie si devenne al relativo istrumento di enfiteusi rogato dal notaro del Consolato fiorentino in data 13 Luglio 1821, che si annette in Copia onde dimostrare la verità dell’esposto, unitamente alla Nota autentica del reverendo Pietro Casanuova Archivista della detta Confraternita.
    E’ inutile il rammentare quanta sia stata l’........ di Luigi [leggi anche Giovanni] Morelli nel pagamento del Canone quasi sempre tacitato con conti di profitto personale operaio, quali siano state le di lui pretese per ottenere dalla Confraternita rimborso per i dichiarati fatti di prima necessità di acconcimi anche senza il consenso della Confraternita a parte poste. Tutti questi fatti che si desumono dai primi verbali di questa Congregazione sono eterogenei al caso attuale, e soltanto si accennano a dimostrazione della soverchia bontà della Amm./ne segreta e della non poca sveltezza del benemerito fratello Morelli verso la Madre Confraternita dal med./mo molto bassamente giocata.
    Invasa Roma dalle truppe italiane ed affranto il Gov./no Pontificio, e Roma ridotta ad italiana Provincia, vi venne proclamata la legge del 24. Gennajo 1864 N° 1636 e successivo regolamento del 31 Marzo detto anno N° 1725, legge estesa dopo il 1870 anche al possesso di Roma.
    In seguito di ciò avvampò l’interesse dell’enfiteuta Morelli per profittarne contro la propria Madre, profittando di questo esercizio civile pella enfiteusi a terza generazione, ottenuta dal med./mo e che trovavasi nel vecchio 2° stadio di generazione, e dato di piglio all’esercizio di questa legge, l’intimò alla Confraternita, dichiarandole di volere affrancare i suoi fondi enfiteutici previo il versamento di quelle somme dalla legge determinate per tale effetto.
    A tale proposta del Morelli la Venerabile Confraternita trovossi giustamente affrontata per la inopinata condotta del med./mo, e credè giusto coram Deo et coram mundo questo di lei rifiuto per il quale ne sorse contestazione giudiziale fra la med./ma ed il pretendente enfiteuta Morelli.
    In virtù della provocata contestazione giudiziale a forma degli statuti della Confraternita med./ma dal Morelli accettati e giurati, il med./mo restò detornato dal Catalogo dei Confratri.
    La Confraternita però si credè in ragione di sostenere avanti al tribunale Civile la giustizia della sua ripulsa.
    Ciò non per tanto la Venerabile Confraternita ebbe la peggio, e questo giudizio impostò un danno in spese di Lire 900.
    E’ buono che si aggiunga ad istruzione dell’obbietto presente di cui si domanda informazione anche la sperata idea di un men rigoroso giudizio in base di una giurisprudenza più filosofica e più consentanea alla giustizia dalla legale equità, poiché dato e concesso che lo spirito della legge miri alla libertà dei fondi è nell’obbligo della giurisprudenza distinguere caso da caso, persona da persona, mentre una enfiteusi a terza generazione così chiamata per ovviare alla difficoltà di una locazione inibita a lungo tempo dal diritto canonico era rigor di giustizia che o si delegasse il diritto di svincolo, o si prescrivesse l’obbligo della relazione dei danni assoluti che veniva a soffrirsi dal Dominio diretto dietro il principio naturale che cum danno alieno nemo locupletior fieri potest.
    Ora la prova di questi fatti scate evidente dalla perizia stessa dell’ingegnere Marucchi spedito dal Tribunale alla visita di questi fondi, il quale al di sotto del giusto prezzo fa ascendere il valore di questi corpi di Case alla somma di £. 100,000. Con tutto ciò dal Tribunale si è ritenuto giusta il valore del Canone di Scudi 220, mentre dalla perizia Moneti fino dal 1821 si dichiarava la rendita di quell’epoca alla Somma di Scudi 344.50, rendita effettiva desunta da un decennio.
    Con tutto ciò balenato questo fulmine sugli occhi della Venerabile Confraternita piacque a chi la dirigeva nell’Am./ne di desistere da ogni litigio per evitare un peggiore. In seguito di questo avvenuto fatto il Morelli, dando luogo con opportuno istromento del 12 Ottobre 1882, rogato dal Notaro Enrico Capo facendo la sua dichiarazione di affrancazione a tenore della indicata legge, depositava nel banco di S. Spirito la somma necessaria a forma di legge per il mirato scopo.
    E’ da osservarsi che con questo deposito il Sgr. Morelli fatto nel silenzio della Confraternita, il med./mo fingendo di ignorare che deponere non est solvere, cessava da ogni pagamento dell’annuo Canone, immaginando così che appartenesse alla Confraternita di rintracciarlo ove e come avesse creduto più facile.
    Era a questo punto l’andamento della cose quando il sottoscritto ebbe l’onore di presiedere alla Confraternita med./ma ed alla sua segreta Congregazione e già vedutosi incantato questo affare era si data Commissione al curiale Sgr................per la Citazione del Morelli al pagamento dei canoni decorsi e non soluti, e per la regolarizzazione della dichiarazione di affrancazione da lui fatta il 12 Ottobre 1882 poiché questa dichiarazione contemplava lo svincolo dei beni della Confraternita e dell’Ospedale e non quelli che riguardavano la proprietà della Chiesa, un terzo dei tre enti pii a cui appartenevano le Case.
    Mentre per parte della Confraternita stavasi per notificare questo nuovo libello giudiziale, il med./mo Luigi Morelli si avvicinava alla Congregazione della Confraternita di S. Giovanni dei Fiorentini, e dichiarandosi pronto a rettificare il commesso preterimento sull’interesse della Chiesa, offriva a vantaggio degli indicati tre enti morali il pareggio in danaro sulla differenza che passar potesse dal valore promercale del Consolidato nominale necessario all’affrancazione a forma di legge e nell’istesso tempo il Morelli tornava ad avanzare istanza al Santo Padre all’effetto di potere ottenere l’Apostolica Sanzione sulla affrancazione med./ma, in virtù di che questa istanza passando nelle Venerabili Mani di N. Em. R.ma rimettevasi al Presidente di questa Congregazione per la necessaria informazione. Essendo nel dovere dell’informante di fare veridica menzione dei fatti bene involuti e dell’attingere i necessarj documenti di conferma, molto dispersi per causa della enunciata lite, ha dovuto necessariamente protrarre ad oggi la soddisfazione del proprio ufficio.-

    Osservazioni di ragione

    La Venerabile Arciconfraternita quando nel 13 Luglio 1821 stipolava il contratto di enfiteusi a terza generazione, i Concomittanti che abbiamo dimostrato nella enunciazione dei fatti avvenuti, manifestò evidentemente lo Spirito di questo forzato contratto, ossia il modo di provvedere immediatamente ai restauri necessari alla manutenzione delle loro case nella enfiteusi comprese, ed il titolo enfiteutico risolvevasi nomine tenus per ritrovare il modo di concordare la propria veduta con una convenzione non inibita dal diritto canonico a cui con maggiore facilità e sollecitudine sarebbe intervenuta l’ecclesiastica Autorizzazione e nell’istesso tempo avuto riguardo all’interesse materiale dell’enfiteuta Confratello pel quale si largheggiava alla Convenzione di un Canone al dissotto delle rendite di quell’epoca in Scudi 124.50. col possibile sperabile aumento nel Morelli di più lucrose locazioni.
    Secondo. Chiunque spinto dall’interesse e nell’obblio di ogni morale riguardo si accinge ad una azione col sostegno di una legge che costringe il paziente a sopportarne gli effetti, rendesi inutile ogni tentativo di persuasione per gli effetti morali, dietro il ditterio contro la forza la ragione non vale.
    All’incontro la povera Confraternita mai poteva sognare che nel 1871 avrebbe potuto giungere fino a Roma la legge d’affrancazione del 1864 tanto rigidamente applicata, cioè con rejezione d’ogni graduazione, d’ogni modificazione e distinzione di caso da caso, di subietto a subbietto, di qualità a qualità, mentre ogni presunzione può suffragare alla legge nelle enfiteusi perpetue, ma sulle temporanee è un errore il più massiccio di non regolarizzarne il danno.
    Ora nel ravvicinamento volontario del Sgr. Luigi Morelli alla Arciconfraternita già sua Madre noi non possiamo che invocare il sussidio della Autorità ecclesiastica a fare riflettere al precitato Sgr. Morelli il danno che esso ha procurato alla Confraternita med./ma, alla quale se non civilmente, moralmente è strettamente tenuto, ed a questo effetto ne accenneremo il resultato.
    1.° Le 15 Case ricevute per un Canone di Scudi 220 ed in conseguenza al dissotto della rendita costatata dai libri di Amm./ne, costituisce un danno di 42,164 e 18. dal 21 Luglio 1821 al 1884.----

    2.° La rendita attuale che oggi ritrae il Sgr. Morelli dalle 14 Case di cui chiede l’affrancazione è di annue lire 16.000, dalle quali detratte le spese di tasse, sfitti, ed acconcimi considerate alla razione del 40 per Cento, più l’annua rappresentanza del Canone in Scudi 220, pari a lire 1182.50, formano la somma di £ 7582.50, per cui rimane al med./mo la rendita netta di £ 8417.50.

    N.° 3 Danni occasionali per la ingiusta lite provocata contro la Confraternita per Spese giudiziali £ 900;

percui è chiaro il danno sofferto dalla Venerabile Confraternita in Lire 51,481.68.

    Questi fatti di elemento giuridico il detto Morelli non può adombrarli con chiacchere, millantazioni ed esagerazioni, penitenze e meriti, di cui è ripiena la sua istanza inoltrata al S.° Padre per muoverlo a compassione sullo sperpero dei Beni della Chiesa. –
    Dimostrate minutamente tutte queste ragioni passerò alla conclusione
    La supplica di Luigi Morelli al S.° Padre altro scopo non ha al parer mio che di fare l’ultimo tentativo per garantire lo spoglio da ogni rimorso e presentarsi coll’innocenza Battesimale al Divino Giudizio. Con tutto ciò per parte del S.° Padre potrebbesi avvertire il Morelli della possibilità della sua concessione quandochè esso fosse coscienzioso a riparare il danno dentro quei limiti che possa comparire più congruente alla Somma Sapienza e Giustizia della Chiesa, sentendosi obbligare il med./mo ad un risarcimento condizionato, pagabile anno per anno sulla garanzia di questi fondi enfiteutici senza decorrenza d’interessi, ed in questa accettazione converrebbe il sottoscritto facendosi garante del consenso dell’Arciconfraternita purché Sua Santità gli elargisse l’Apostolica Approvazione, ed in tal modo il Luigi Morelli oggi salito su d’un cavallo sfrenato, potrebbe infrenandolo garantire ai suoi discendenti il pacifico possedimento di questi affrancati Beni, riducendoli atti al commercio universale in contradizione di che il Morelli non raccoglierà che triboli e Spine percorrendo un’alea ben difficile a ritenersi eterna per gli possibili cambiamenti di giurisprudenza, sia nell’attuale governo, sia in qualunque altro possa sopravvenire.

Che è quanto.

 

Ma chi è questo Giovanni Morelli ?

    Giovanni è un semplice artigiano falegname, figlio di Vincenzo, romano, e di certa Caterina Selvatici, nato neanche a dirlo a Roma nel 1782, unico figlio maschio della famiglia, che ha casa e bottega in Vicolo dei falegnami nella parrocchia di S. Carlo ai Catinari.
    Quindi un modesto lavoratore, ma con un spiccato fiuto per gli affari, o perlomeno per le opportunità, grazie anche al fatto che sa leggere e scrivere, diciamo anche bene, segno in qualche misura di istruzione, e per un falegname, a fine ‘700, non è cosa tanto normale.
    Intanto aiuta il padre Vincenzo a bottega, e poiché quest’ultimo è confratello dei Fiorentini in quanto figlio a sua volta di Pietro Paolo proveniente da Livorno, viene bene introdotto nella Confraternita dove lavorano insieme padre e figlio per la Chiesa e l’ospedale di Via Giulia.
    In quegli anni a cavallo di fine secolo a Roma sta succedendo di tutto; si è sentito parlare di rivoluzione francese; sono arrivati i francesi a Roma; papa Braschi portato via prigioniero, poi la Repubblica romana.. poi il nuovo papa Chiaromonti; ora Roma più francese che pontificia, beni confiscati, .... insomma di tutto... da non capirci più da che parte si sta, o si dovrebbe stare.
    Ma Giovanni comincia a muoversi bene anche in tale confusione: nel 1811 a 30 anni sposa Felice Valle, figlia di un certo Antonio artigiano muratore, che gli porta in dote, oltre a tutti i mobili di casa, 2540 franchi, corrispondenti, come risulta dal contratto dotale, a 450 scudi romani; a Roma, seconda città dell’impero, in quegli anni è così che si parla in pieno regime Napoleonico.
    Cifra non elevata, non di quelle con le quali si può appendere il cappello, ma sufficiente a mettere in moto il cervello del nostro Giovanni.
    Poi si stabiliscono tutti a casa Valle, a via del Pinaco vicino a Piazza Madama dove hanno persino una serva, e falegname l’uno, muratore l’altro, mettono su una bella bottega di costruzioni.
    Non è da escludere che in tutto il grande piano di ristrutturazione edilizia della Roma imperiale ( si intende francese), che come sappiamo era di notevole impatto, ma che fu realizzato poi in minima parte, i nostri abbiano potuto ritagliarsi anche qualche buon lavoro; questo al momento non è possibile dirlo; sta di fatto però che quando dopo la caduta di Napoleone Roma ritorna in mano al papa, ed in mano al papa ritornano buona parte dei beni che Napoleone gli aveva tolto, anche per Giovanni ora di lavoro ne arriva.
    Infatti, neanche a farlo apposta, la confraternita dei Fiorentini rientra in possesso di un certo numero di case che Napoleone non aveva avuto il tempo di vendere, ma che comunque erano state confiscate; già vecchie di per se stesse, e trascurate per parecchi anni, erano ridotte a pezzi, al punto tale che alcune non potevano neanche essere date in affitto.
    Niente di meglio per Giovanni, che non fa altro che presentare conti alla confraternita per la riparazione di gradini, di tetti, di finestre, di porte e così via.
    Ad un certo momento, e siamo già a ridosso del 1820, a qualcuno viene in mente un’altra soluzione !! Perché invece di spendere tutti questi soldi nelle riparazioni di queste vecchie case, (e Giovanni, ora identificato come capomastro falegname, ha la mano pesante, non scherza mica con i suoi conti !) non ce ne liberiamo ? Prendere poi qualche precauzione per salvaguardare il patrimonio della Confraternita è anche una mossa strategica per stare più tranquilli. I recentissimi avvenimenti politici avevano colpito sempre e inesorabilmente i beni della Chiesa e delle confraternite. per cui meno beni si possedevano direttamente e meno si poteva incorrere in qualche dispiacere.
    Chissà !.... poteva pure arrivare un altro Napoleone!
    Ma allora che si fa ? Affittare a lungo termine non si può perché le leggi ecclesiastiche lo vietano; vendere non se ne parla nemmeno in quanto sono quasi tutti beni legati a lasciti, di cui alcuni non sono neanche di diretta proprietà; l’unica soluzione è liberarsene per un certo tempo....un lungo affidamento per migliorarli o quantomeno per mantenerli in buono stato, cioè.....l’enfiteusi.
    Da chi sia partita l’idea non è possibile saperlo. Sta di fatto che Giovanni ci si trova dentro in pieno; perché fino a che i beni sono di proprietà della confraternita ha lavoro e reddito assicurato, in quanto "persona stimata e di fiducia della confraternita"; nel momento in cui queste case fossero passate di mano chissà cosa sarebbe potuto succedere. E allora ?
    E allora non c’è che una sola soluzione; prendersi lui in qualche modo queste case.
    Si ma come ? Non può essere una trattativa privata.; le leggi ecclesiastiche prevedono un bando pubblico per l’aggiudicazione, e poi tanto di approvazione Apostolica.
    Ci sarà quindi un invito pubblico; delle offerte segrete; ci dovrà essere la possibilità di un rialzo detto di vigesima; insomma non è cosa semplice, nè alla portata di tutti, sia per un fatto di scudi, sia per un fatto di preparazione e di conoscenze.
    Tutto viene fatto regolarmente: bandi, affissioni, offerte in busta sigillata, avvisi di vigesima; congregazioni segrete della banca della Confraternita, insomma partecipa tutta Roma.
    Conclusione: come è, come non è, chi si aggiudica il bando ? Giovanni Morelli.
    A questo punto Giovanni è forte, è sicuro; è carico e lanciato ormai in questo tipo di affari che controlla e gestisce benissimo.
    Ripete la stessa procedura con la Confraternita dei Bresciani dietro Via Giulia per altre tre case ( quella con il contratto che prevede pure "l’invasione di sorci !"per un canone annuo di 113 scudi), ed altre due se le aggiudica in una trattativa privata con il principe Don Francesco Pubblicola Santa Croce
    Congregazioni di confraternite, brevi pontifici, contratti notarili dalle cento clausole e duecento "apostille", perizie dettagliate degli immobili, mappe catastali, e parte l’avventura. Nel giro di due anni si trova a gestire ventidue proprietà immobiliari per le successive tre generazioni di maschi, contro un debito annuo di 360 scudi. La cifra non è tanto bassa, ma Giovanni ha le idee chiare.
    Le case vecchie andranno subito restaurate, tutte verranno affittate, e altro che 360 scudi; parliamo di migliaia di scudi l’anno che entreranno.
    Intanto per non sbagliare e senza montarsi la testa lui e tutta la famiglia continuano a lavorare per la confraternita dei Fiorentini. Cornici, banchi della chiesa, confessionali, tetti, scale e scalini; Giovanni mette le mani dappertutto e ogni semestre, al momento del pagamento del canone per le case , il più delle volte è la confraternita che deve dargli il resto.
    Ma evidentemente devono essere tutti, lui e i due figli Silvestro e Luigi, così abili, benvoluti e bravi sul lavoro che nulla gli viene negato.
    Persino quando il Tevere tracima più del solito, andando a rovinare mura e cortili, specialmente della casa all’arco di Parma, in deroga a quanto riportato nel contratto coi fiorentini, gli stessi contribuiscono non simbolicamente alle spese di ripristino.
    Questo non è che un esempio, ma chiarisce quale fosse il rapporto fra i Morelli e la confraternita, perché in pratica, non dico ogni anno, ma quasi, c’era qualche contestazione se pur amichevole, a chi spettassero certi lavori di ordinaria o straordinaria manutenzione, per cui non a torto si dirà in seguito che "la confraternita pagava, e i Morelli incassavano".
    Ma Giovanni ormai ha in mano tutta la situazione....e più va avanti e più gli va bene e si infila ovunque ; in quegli anni lo troviamo perfino come provveditore alla Chiesa della Morte all’arco Farnese; dalla mola dei Fiorentini a ponte Sisto, diremmo oggi, è il "boss" di Via Giulia;

    Doveva essere proprio un bel personaggio!

 

La nostra storia va avanti....

    Si va avanti con gli anni; Giovanni si ammala e nel 1839, a 57 anni, muore lasciando cinque figli: tre femmine e i due maschi Silvestro e Luigi.
    Ma i due oramai sono uomini di 26 e 24 anni, tirati su bene e, sotto la scuola del padre, con le idee chiare in fatto di "scudi".
    D’altra parte la famiglia si è trasformata; lavorano sì ma come padroni, fanno parte di quella buona borghesia romana; e negli atti ufficiali cominciano a firmarsi come "possidenti".
    Tutti e due i figli proseguono l’attività del padre, e soprattutto Silvestro continua il rapporto di lavoro con i fiorentini.
    Prima Silvestro e poi Luigi si sposano; il primo con una Scalzi che porta una notevole dote, mentre Luigi si imparenta con un’altra famiglia benestante di Via Giulia, i Fernandez, e anche qui la Margherita va ad incrementare il patrimonio di famiglia. Ognuno si trasferirà poi nella propria abitazione; Luigi a via Giulia 200, e Silvestro al Monserrato 48 davanti alla Chiesa di S. Caterina della Rota. Alle sorelle ci pensano le Confraternite a preparargli la dote, come è usanza in quei tempi.
    Intanto a Roma durante gli anni ’40 e ‘50, si succedono avvenimenti politici notevoli e premonitori; la Repubblica Romana del ’49,..ed altri fatti politicamente importanti che fanno da sfondo al nostro racconto.
    Quindi tutto bene... salvo qualche screzio nella famiglia "allargata", fra fratelli e cognate, come naturale in tutte le buone famiglie, per motivi neanche a dirlo di "scudi".
    Lo sappiamo dal fatto che quando nel 1858 Silvestro, ancora relativamente giovane, passa a migliore vita, la di lui consorte Geltrude Scalzi, per sè e per i due figli Giovanni (il cugino sospettoso) e sua sorella Felice, vuole giustamente la parte delle proprietà spettanti a Silvestro, beni che, fino ad allora, rappresentavano una proprietà indivisa ereditata dal loro padre Giovanni (il Papa).
    E’ inutile soffermarsi su liti e discussioni in famiglia più o meno accese e colorite sul come spartirsi il bottino ereditato; basti sapere che, siccome non riescono a trovare un accordo in privato a chi tocca questa o quella casa, questo o quel giardino, sono costretti a rivolgersi al Tribunale, con una vertenza durata oltre tre anni, che costa un occhio della testa (ma ne vale la pena) e che riempie oltre centocinquanta pagine di carte bollate (per la nostra gioia di ricercatori d’archivio) fra perizie, notificazioni, comparizioni dal giudice, sentenze, e altro.

Ci stiamo avvicinando al "CLOU" della nostra storia.

1860 Regno d’Italia; Torino Capitale.

    Vittorio Emanuele II° Padre della Patria ha grandi piani, ma ha pure bisogno di soldi.

    Viene inventato, per così dire, il prestito al Regno, con iscrizione nel Gran Libro del Debito Pubblico al 5%, (gli attuali BOT); ma certamente non basta.
    Nel 1864, viene promulgata una legge, la 1636 del 24 Gennaio, con due precisi scopi: recuperare finanze, e incominciare a togliere alla "Chiesa e dintorni" i beni che si trovano oramai nel territorio del Regno.
    Questa legge sull’affrancamento dei canoni enfiteutici prevedeva che " i beni immobili... che sieno gravati da canoni enfiteutici...potranno essere liberati dall’annua prestazione ( leggi il pagamento del canone) mediante cessione a favore del Demanio o dell’Ente creditore... di un’annua rendita iscritta sul Gran Libro del Debito Pubblico al 5% eguale all’ammontare dell’annua prestazione. ...e poi ancora, ancora ecc. ecc. 22 articoli di legge e 22 articoli del successivo regio decreto con le disposizioni regolamentarie per l’attuazione pratica.
    Letta così, anche nella forma completa, è molto tecnica, di difficile interpretazione, da capirci poco o niente.
    In pratica voleva dire che chi aveva dei beni in enfiteusi poteva diventare proprietario del fondo "d’ufficio", anche senza il consenso del Direttario, (il vero proprietario), semplicemente intestando a suo nome delle cartelle del Debito Pubblico al 5% pari al valore del canone di un anno più qualche altro spicciolo.
    Capito che bel regalo !
    Tanto quei beni erano quasi tutti del demanio, di pochi latifondisti, e soprattutto della Chiesa, o di entità comunque soggette al controllo Ecclesiastico, mentre i soldi andavano nelle casse del Regno.
    Capito che cosa si erano inventati i Piemontesi ?
    Figuriamoci il fermento che c’era nello Stato Pontificio ed in particolare a Roma, dove buona parte del territorio e dei beni immobiliari, se non erano direttamente del Capitolo di S. Pietro erano delle Confraternite, fino a stimare che già nella prima metà dell’ottocento solamente a Roma su 36.000 case 20.000 appartenevano alla Chiesa, e delle restanti, la maggior parte erano di proprietà delle nobili famiglie Romane, e l’istituto dell’enfiteusi era molto in uso, poco per le case, ma soprattutto per i fondi agricoli.
    E Luigi !
    Luigi non sa cosa augurarsi. Si parla di un Regno d’Italia che deve comprendere pure lo Stato Pontificio; nel ’67 addirittura per fare capire le intenzioni al Papa è stata spostata la Capitale del Regno a Firenze. Il prossimo passo sarebbe stato quello di Roma Capitale.
    "Ma chissà cosa può accadere con questi Piemontesi in casa"; pensa Luigi, e poi " Sì però... se arrivano, portano pure le leggi che hanno già applicato nel Regno per cui...diventa tutta roba nostra praticamente gratis..."
    Venti Settembre 1870; colpi di cannone di prima mattina, alle 10 un lenzuolo bianco sulla torre del Quirinale e poi....i bersaglieri che entrano a Porta Pia....è fatta. Luigi è là ad acclamarli (questo non è documentato, ma se non era li fisicamente certo lo era col pensiero !!!).
    Bene o male che sia oramai l’atto formale è compiuto, Roma è nel Regno, e per Luigi è tempo di mettersi in moto.
    E’ un po’ acciaccato in salute, ma i suoi 55 anni non gli pesano affatto, in particolare adesso che ha parecchie cose da fare e prevede battaglie.
    Come sappiamo è confratello dei Fiorentini e dall’interno comincia a tastare il terreno, ma di una possibile apertura ad una trattativa, almeno da parte ufficiale della Confraternita non se ne parla nemmeno; anzi, avendo la Venerabile capito la situazione, e intuendo qualche sua mossa, lo guarda con sospetto ed in qualche maniera lo emargina.
    Luigi non dà alcuna importanza a questo atteggiamento, e visto che il tempo stringe e la controparte evidentemente non ha alcun interesse ad agitare le acque, fa la sua prima mossa ufficiale nel 1875.
    Carta e penna scrive una bella lettera alla Congregazione dell’ Arciconfraternita e propone che gli venga trasformata la sua enfiteusi da temporale (come era stata concessa) a perpetua, essendo lui più che disponibile a rivedere il canone secondo quanto la Venerabile avesse stimato, per evitare di trovarsi costretto a fare quello che la legge gli permetteva di fare, sicuramente con dispiacere di tutti.
    Il Volpone ! E intanto la butta là.
    Come si augura Luigi, la risposta ufficiale neanche arriva. Anzi ufficialmente non viene neanche presa in considerazione, sebbene come risulta dagli atti della Congregazione Segreta venga ampiamente discussa, augurandosi la stessa che il Morelli desista dal suo dichiarato intento e non vada oltre.
    E’ esattamente quello che Luigi vuole.
    Ma lui cosa può fare, povero padre di famiglia, combattuto fra una legge che gli permette ....e una coscienza che...umh umh insomma.. cosa può fare ? Cosa ?
    Per non sbagliare intanto va avanti per la sua strada e fa notificare alla Venerabile la proposta di affrancazione che prevede il pagamento di 1.200 lire corrispondenti ai 220 scudi di canone annuo (che non erano mai stati rivalutati!), più altre 400 lire di interessi ed indennità varie. Totale 1.600 lire; una inezia.
    Non lo avesse mai fatto !
    Ne è sicuro, se lo aspetta, l’affronto è troppo grande; infatti immancabilmente ed immediatamente viene buttato fuori dalla Confraternita a pieni voti; "rasato" come si definisce nel gergo dei Fiorentini.
    Ma a questo punto veramente per Luigi gli interessi sono ben altri, ed inizia un lungo braccio di ferro con la Confraternita fatto di notificazioni, citazioni, perizie, controperizie, sentenze, appelli, ricorsi (anche qui per la nostra gioia) che per tre anni vedono sempre e comunque la povera Confraternita soccombere.
    Viene perfino condannata al risarcimento di tutte le spese giudiziarie, e quando il giudice dichiara chiusa la materia del contendere Luigi è pronto davanti al Notaro Enrico Capo nel suo ufficio in Via degli Uffici dell’E.mo Vicario per l’affrancazione d’ufficio e con la coscienza a posto. Sono le 11 di mattina di Giovedì 12 Ottobre 1882.
    E’ fatta ! Con quella firma è "tutta roba sua".
    L’atto notarile di affrancazione è un pezzo di Storia, e, un documento importante della nostra storia, e varrebbe la pena leggerlo, se non altro per le informazioni dettagliate su tutta la vicenda, la terminologia e l’iter della procedura legale.
    Luigi ora è vecchio, stanco e malato, con un braccio semiparalizzato forse da una paresi chissà... sappiamo solo che ancora non è completamente soddisfatto.
    Perché lui non si accontenta di avere avuto ciò che gli spettava "quasi con la forza", con la coscienza a posto ma con la forza della legge e di un atto d’ufficio; vuole ragione piena, nel fatto che lui "poteva e doveva" e che se la legge glielo aveva consentito a quella cifra, 1.600 lire decisamente poco, lui cosa ci poteva fare ?
    Però in fondo, se qualcuno gli avesse dato ragione sul come lui aveva operato, si poteva pur trovare un accomodamento con soddisfazione di tutti, perché è questo quello che lui vuole e quello che la coscienza gli dice a lui povero vecchio con un piede nella fossa.

"VUOLE MORIRE IN PACE".

    E visto purtroppo che con la Confraternita oramai è rottura insanabile, e quasi a ribadire la forza della sua convinzione, ferma e decisa di essere dalla parte del giusto, che cosa fa il "Volpone" ?
    Spara in alto. Carta e penna di nuovo e scrive semplicemente..... al Papa.
    Spiega tutto per filo e per segno a Leone XIII°, la storia, le sue convinzioni, del perché e del per come, arrivando persino a dire che nella "disgrazia" di quel periodo così infausto in cui la Madre Chiesa si è venuta a trovare, umiliata e depredata dal Regno d’Italia dei suoi beni, forse forse quelle case stanno meglio nelle mani della famiglia Morelli che di chicchessia , non fosse altro per la cura, l’attenzione e l’attaccamento che la famiglia aveva sempre avuto negli ultimi sessanta anni come fossero state di sua proprietà.
    Se poi Iddio Glorioso aveva voluto così... beh! allora lui proprio non poteva fare nulla contro.
    Quindi... decidesse lui, il Sommo Pontefice ....il da farsi; lui era pronto a tutto pur di morire in pace; l’importante per Luigi era che il Santo Padre gli desse "l’Apostolica approvazione" e se lo avesse ritenuto opportuno anche una "Apostolica sanzione".
    Senza indugi parte la supplica. Il tempo incalza. Siamo ora nel Maggio 1884.
    Non si sa se prima passa per le mani della Segretaria del Pontefice e poi rigirata per chiarimenti alla segreteria del Vicario, ovvero intercettata direttamente da quest’ultimo; giunge comunque prima nella mani del Cardinal La Valletta e poi al suo successore Cardinal Parocchi, il quale la prima cosa che si sarà chiesto sarà stata: "ma chi è questo Luigi Morelli che Ci scrive"?
    E chiede informazioni; chiama il Cardinal Protettore della Confraternita dei Fiorentini, il quale domanda una relazione al Presidente della Congregazione Mons. Magno il quale a sua volta prepara quella bella relazione che noi abbiamo inserito all’inizio del nostro racconto come "storia dei fatti" così come era stata intitolata dal redattore.
    Marzo 1885. Luigi muore, non crediamo di crepacuore, ma sicuramente dispiaciuto di non avere avuto ancora una risposta.
    Peccato, perché sarebbe andato nella tomba molto contento se avesse saputo che in fondo in fondo "l’Alta Prelatura" sempre più attenta alle cose terrene che a quelle spirituali, intelligentemente, con senso pratico, non fu poi così severa e di parte nell’analizzare il caso. Anzi!
    Tanto che a pochi mesi di distanza dalla morte di Luigi fece capire agli eredi (i quattro fratelli Pio, Benedetto, Vincenzo e Giuseppe) che con una cifra che non doveva esser troppo alta per non irrigidire il discorso avviato, nè troppo bassa per non essere umiliante per la Confraternita, si sarebbe potuto addivenire ad una "Apostolica sanatoria".
    La cifra fu per così dire soffiata all’orecchio, e suggerita in 6.000 lire.
    Dubito che i quattro i fratelli fossero tutti d’accordo:
    Li vedo già ai voti: Benedetto il chirurgo SI (era un uomo di Chiesa e voleva sicuramente un riavvicinamento alla Confraternita); Vincenzo detto Cencio, l’amministratore di tutti i beni della famiglia sicuramente avrà detto di NO (era un uomo pratico e non tanto di Chiesa); Pio il mattacchione seguiva passo passo Benedetto per cui SI; Giuseppe infine, il cantante deve avere detto SI per forza, anche se poco convinto.
    Il 4 Gennaio 1886, i quattro cavalieri dell’Apocalisse e Giovanni (il cugino sospettoso) per la sua parte, riconoscevano con atto del Notaio Francesco Guidi la cifra concordata con la Confraternita, con un mutuo decennale, senza interessi, dietro iscrizione ipotecaria sugli stessi beni.
    Fu un risarcimento equo ? Mah, sicuramente del tutto piovuto dal cielo per la Confraternita; 6.000 lire contro le 1.600 dell’affrancazione d’ufficio, ma contro le 51.000 che la Confraternita dichiarava essere stato il danno subito non per la perdita della case "che quelle per l’amor di Dio spettavano per legge ai Morelli", ma per le spese ed i mancati introiti dovuti alla gestione "allegra" del contratto di enfiteusi.
    Il 28 Aprile sempre del 1886 con atto del Notaio Tito Firrao i soliti quattro più uno affrancavano dal canone le case dei Bresciani, i quali a dire il vero non creavano grossi problemi, sapendo già a cosa sarebbero andati incontro.

Erano iniziati i tempi duri per le Confraternite, che di li a poco avrebbero perso pure quel poco che gli restava.

    Qui termina il racconto di questa singolare vicenda che abbiamo estratto dalla storia della famiglia, ma che ha avuto un seguito fino ai giorni nostri.

Precisazioni :

Quando abbiamo parlato dei Bresciani si intendeva:
    La Venerabile Chiesa e Confraternita dei SS. Faustino e Giovita della Nazione dei Bresciani in Roma.
Quando abbiamo parlato dei Fiorentini si intendeva:
    La Venerabile Archiconfraternita della Pietà ed Ospedale di S. Giovanni Battista dei Fiorentini di Roma.

Dalle tabelle ISTAT dei coefficienti di trasformazione delle lire si ricava che 1000 lire del 1882 corrispondevano a 5.754.000 del 1995, per cui l’affrancazione fu fatta per un valore riportato ad oggi di circa 9.200.000 lire.

 

Finalino

    Nel 1913 Giuseppe oramai vedovo e senza figli, rimasto paralizzato, muore e lascia per testamento tutti i suoi beni a Maria Rossi, la serva di casa che lo aveva accudito negli ultimi anni.
    La "serva padrona" così veniva chiamata, pretende subito la sua parte, cioè un quarto del patrimonio della famiglia Morelli, che però è un bene indiviso, per cui viene avviata una procedura di stima del patrimonio immobiliare e di ripartizione dello stesso in parti equivalenti in valore, e poiché poi, logicamente, non si mettevano d’accordo su chi prendeva un pezzo e chi l’altro, il tutto fu deciso in una estrazione a sorteggio il 31 Luglio 1915 davanti al notaio Agostino Balzi di quattro cartellini corrispondenti ai quattro lotti messi in un cappello.
    Ognuno si aggiudicò il suo lotto.

LA DIVISIONE SARA’ L’INIZIO DELLA FINE !!

    Nel 1918 Pio, vecchio scapolo e a quanto si diceva un po’ mattacchione, muore e lascia tutta la sua parte a Benedetto il chirurgo, che lo aveva assistito e che lo ospitava nella sua tenuta alla Balduina, Villa Morelli, una bella villa tutta circondata da ettari ed ettari di terreno agricolo, che aveva acquistato con i proventi della sua ricca professione.
    Nel 1929, a distanza di sei mesi l’uno dall’altro, muoiono prima Benedetto, lasciando "molto bene" otto figlie femmine e l’unico maschio Giggetto, poi Vincenzo (Cencio), l’amministratore di tutti i beni dei Morelli, lasciando la sua parte all’unico figlio Giovanni detto Giovannino.

E’ LA FINE DELLA FINE !!

    Giggetto, profittando del nuovo piano regolatore che trasformava da terreno agricolo ad edificabile l’area agricola intorno alla villa lottizzava ed incominciava a vendere.
    Su quell’area è nato un intero quartiere, la parte alta della Balduina, fra le migliori zone di tutta Roma.
    E poi vende, vende, vende, vende tutto. RESTO ZERO !!.
    Si salverà solo la parte che per testamento di Benedetto era destinata alle sorelle (non molto ma abbastanza) e la sola Villa Morelli, solo la casa, seminascosta, oramai completamente circondata da eleganti palazzine.
    Giovannino inizia a vendere nel 1940 uno dopo l’altro gli appartamenti ed i negozi in Via Giulia, concludendo nel 1966 con la vendita di un’ultima cantina al Vicolo dell’Arcaccio che era sfuggita per sbadataggine a quelle precedenti.

FINE !!

 

Il cerchio si chiude. Giovanni Morelli jr (Giovannino)

    Un Giovanni Morelli iniziò e un Giovanni Morelli finì 150 anni dopo.
    L’enfiteusi era per tre generazioni di figli maschi e non contando la prima di Giovanni il Papa tutto è finito esattamente alla terza generazione.

Così era scritto.....
Così doveva essere....
Avevano pensato a tutto !

 

Ringraziamenti

    " Si ringraziano i Morelli tutti e le loro gentili consorti per la loro disponibilità al litigio, per l’innata tendenza al disaccordo, per l’istintivo senso del sospetto reciproco; contro la grande fiducia nelle pubbliche funzioni ed istituzioni quali notai, tribunali, periti, studi legali, che hanno permesso di lasciare ampia traccia di questa storia, e quindi a noi la possibilità di ricostruirla quasi nei dettagli, tratta da documenti originali di oltre 7.000 pagine manoscritte e a stampa, conservati negli archivi di mezza Roma, e tutti da noi riprodotti in copia che la testimoniano quasi giorno per giorno "

 

Personaggi

Pietro Paolo          (Livorno 1706 - Roma 1751)    l’avo toscano
Vincenzo suo figlio (1740 - 1803)                           il trasteverino
Giovanni figlio di Vincenzo (1782 - 1839)           Giovanni I° il Papa
Silvestro  | (1813 - 1852)                                        il gatto
Luigi        | figli di Giovanni (1815 - 1885)                la volpe
Giovanni figlio di Silvestro (1845 - 1888)                 il cugino sospettoso
Pio           | (1846 - 1918)           il mattacchione      i quattro
Benedetto | (1848 - 1929)                    il dottore     cavalieri
Vincenzo  | (1854 - 1929)          l’amministratore      della
Giuseppe  | figli di Luigi (1858 - 1913) il cantante    apocalisse
Maria Rossi (18?? - 19??)                                       la serva padrona
Luigi figlio di Benedetto (1886 - 1966) Giggetto       l’agricoltore
Giovanni figlio di Cencio (1907 - 1971)                   Giovannino

    Oltre a questi personaggi ce ne sarebbero da ricordare un’altra ventina fra sorelle e mogli che hanno avuto ruoli importantissimi in questa "SAGA", non fosse altro queste ultime, per le doti che hanno portato in matrimonio, talune di notevole consistenza, che hanno contribuito alla buona posizione economica e sociale della famiglia.
    Non sono state citate solamente per stringere il racconto, e per evitare ulteriore confusione di nomi al lettore.

 

Elenco delle case prese in Enfiteusi da Giovanni Morelli
(il Papa) e poi passate per successione alla famiglia Morelli

Provenienza:         Vie

dai Bresciani :       Giardino delle delizie al Vicolo del Cefalo 8
                             Piazza del Fontanone 18 e 19 ( via Giulia 200 e 201)
                             delle Carrette 51 e 52 ai Monti (via del Boschetto 94)

dai Fiorentini        Longara 183
                             Arco di Parma 13
                             Azimelle 10 e da 23 a 27
                            dei Cimatori 14
                            Mola dei Fiorentini 23 e 24
                            Paola 60 e 61
                            del Consolato 20
                            del Consolato 44
                            del Consolato 45
                            dell’Oro 29 e 30 e 31e 32 e 33 e 34 e 35 e 36

dal Principe Santa Croce : del Consolato 37
                                        del Consolato 38

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Di queste 22 unità immobiliari ne restano attualmente in piedi solamente 5 e precisamente:
Via dell’Arco di Parma 13
Via del Consolato 20
Via Giulia 200 e 201
Via dei Cimatori 14
Via del Boschetto 94 e 95

    Tutte le altre furono espropriate, demolite e ben risarcite ai Morelli, dal Comune di Roma, e dal Governatorato di Roma poi, in varie occasioni quali:

Per i lavori di arginatura del Tevere nell’anno 1886 :
Via della Lungara 183
Il giardino delle delizie al Cefalo

Per i lavori di prolungamento di Corso Vittorio nell’anno 1888 :
Via dell’Oro (tutte)
Via del Consolato (escluso in civico 20)

Per i lavori di risanamento del Ghetto nell’anno 1899 :
Via delle Azimelle al Ghetto (tutte)

Per i lavori dell’apertura del Ponte Principe Amedeo nel 1939 in epoca fascista :
Mola dei Fiorentini 23 e 24
Via Paola 60 e 61


FINE

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