BORGO NEI SECOLI

le piante, i progetti, le realizzazioni architettoniche ed urbanistiche

di Carla Rivolta

INDICE DEGLI ARGOMENTI

Premessa: la forma della città attraverso la storia
Pianta dell’Ager Vaticanus (I d.C. -IV d.C.)
La realizzazione della Basilica Costantiniana (IV d.C.)
La creazione di una grande Area Sacra ( IV-VIII)
    -Gli accessi alla Basilica di San Pietro
La fondazione di un nucleo urbano fortificato: la Civitas Leonina (IX-XV)
    -Le mura Leonine
    -Le porte principali
    -I percorsi interni
    -L’ampliamento della cinta muraria di Nicolò III
Piano urbanistico di Nicolò V (1447-1455)
La realizzazione della via Alessandrina (futura via di Borgo Nuovo) sotto il pontificato di Alessandro VI (1492-1503)
La nuova tipologia della chiesa di San Pietro sotto il pontificato di Giulio II (1503-1513)
Progetto Bramante (durante il pontificato di Giulio II)
    -Sistemazione urbanistica della chiesa di San Pietro 
    -Sistemazione della zona dei Borghi
La chiesa di San Pietro a pianta centrale con la cupola michelangiolesca (1557-1593)
    -Progetto Bramante
    -Progetto e realizzazione di Michelangelo
Pianta di Leonardo Bufalini (1551)
La Realizzazione della Civitas Pia e di un nuovo ampliamento della cinta muraria sotto il pontificato di Pio IV (1562-1565)
Pianta di Etienne Du Pérac (1577)
Spostamento dell’obelisco del Circo Neroniano di fronte alla chiesa di San Pietro sotto il pontificato di Sisto V (1585-1595) 
    -Piano urbanistico Sistino 
    -Pianta di Antonio Tempesta (1593)
San Pietro: il ritorno alla tipologia basilicale con l’intervento del Maderno e la nuova facciata (1606-1612)  
Progetto Bartoli (1620-1630)

Progetto Rainaldi (1650-1651)
Progetto Spada (1651)
Progetto Bernini e la realizzazione della piazza-colonnato (1657-1667)
    -Piazza davanti o intorno alla chiesa 
    -La scelta della forma ovale della piazza
    -La geometria della piazza
    -Le ‘arche-tipologie’ del colonnato
    -Progettazione dei due campanili ai lati della facciata 
    -Colonnato ellittico e cupola
Pianta di Giovan Battista Falda (1676)
Progetto del terzo braccio berniniano
    -Prima soluzione
    -Fortuna del terzo braccio della prima soluzione berniniana
    -Incisione del F. Mastrozzi.
    -Seconda soluzione 
    -Percorso sacro 
    -La piazza Berniniana in rapporto con la nuova via della Conciliazione
Progetto Fontana (1694) 
    -Prima soluzione
    -Seconda soluzione
    -Terza soluzione
Pianta di Giovan Battista Nolli (1748)
Progetto Morelli (1776)
Progetto Amministrazione Francese e Progetto Valadier (1811-1812)
    -Progetto Valadier
Mappa del Catasto redatta dalla Congregazione del Censo (1819-1822)
Progetto Repubblica Romana (1849) e la nuova piazza Pia (1852)
Progetto Capranica (1850)
La legge delle Guarentigie (1870)
Progetto Cipolla (1872)
P.R.G. 1873
    -Borgo e il nuovo quartiere dei Prati di Castello
Cronaca degli anni 1881- 1882
P.R.G. 1883
Progetto Busiri Vici (1886)
Progetto del Comune (1887)
Cronaca degli anni 1887-1890
Progetto Viviani (1889)
La pianta del Lanciani (1892)
Realizzazione del Ponte Vittorio Emanuele II (1905-1911)
P.R.G. 1909
Progetto Gugler (1915)
Progetto Brasini (1916)
I Patti Lateranensi del 1929: La creazione dello Stato sovrano del Vaticano
P.R.G. 1931
Progetto Gai Natale Cecchelli (1934)
Progetto Polazzo (dopo il 1936 e durante le demolizioni)
Progetto Spaccarelli Piacentini, la demolizione della Spina e la realizzazione di via della Conciliazione (1934-1950) 
    -Gli studi 
    -Finalità del progetto 
    -Soluzione A 
    -Soluzione B
    -Soluzione C 
    -Soluzione D Creazione del nobile interrompimento
    -Soluzione D1 Riflessi urbanistici della soluzione D 
    -Soluzione E 
    -Soluzione F
    -Soluzione G Via aperta con rettifica parziale dei lati
    -Soluzione H Via aperta e rettifica parziale dei lati
    -Soluzione I Con Propilei (realizzata)
    -Soluzione L Con Propilei e collegamento con nobile interrompimento
    -Scelta della soluzione definitiva
    -Sistemazione dei livelli e dell’arredo della strada.
    -Cronaca delle demolizioni 
    -Nuova veste architettonica della ex piazza Rusticucci oggi Piazza PioXII 
    -Progetto di riqualificazione dell’area 
    -La nuova veste architettonica di piazza Pia
    -Restauri e ricostruzioni
    -Critica al metodo di restauro eseguito per i palazzi di via della Conciliazione
    -Critica alla prassi compositiva dell’intervento
Progetto Benevolo. Un Programma per il futuro (1970)
    -Prima tavola 
    -Seconda tavola 
    -Terza tavola
Progetto Giubileo: le realizzazioni a cura della Soprintendenza (2000)
Conclusioni 
    -Michelangelo e la sua cupola
Bibliografia




Premessa: la forma della città attraverso la storia
Giungere alla conoscenza della città attraverso la storia significa studiare il fenomeno urbano nella sua totalità. La città è infatti, memoria dei diversi momenti nell’organizzazione politico-sociale dell’uomo, nella continuità della storia e della sua cultura. Pertanto si procede all’analisi di Borgo nei secoli attraverso le piante, i progetti, le realizzazioni architettoniche ed urbanistiche.

Pianta dell’Ager Vaticanus (I d.C. -IV d.C.)
Nella pianta dell’Ager Vaticanus sono raffigurati: il Circo di Caligola (poi di Nerone) situato all’interno della villa di Agrippina e orientato come la futura Basilica di San Pietro, il famoso obelisco fatto trasportare da Caligola dall’Egitto a Roma nel 37 d.C., la necropoli con la memoria apostolica di San Pietro (una lunga area cimiteriale caratterizzata da una doppia fila di sepolcri), il Mausoleo di Adriano, futuro Castel Sant’Angelo, il ponte Elio, il ponte Neroniano, la via Cornelia, la Meta Romuli, la via Aurelia e la via Triumphalis.

La realizzazione della Basilica Costantiniana (IV d.C.)
La scelta dell’orientamento da occidente verso oriente della Basilica Costantiniana, a cinque navate tagliate a croce latina dal transetto e preceduta da un quadriportico, condizionerà i futuri rapporti urbanistici con la città di Roma.
Con questa costruzione il Cristianesimo esce dalla clandestinità delle tombe e si rivolge verso la città al di là del Tevere.

La creazione di una grande Area Sacra (IV-VIII d.C.)
Gli accessi alla Basilica di San Pietro

Si giunge alla Basilica seguendo tre percorsi: da nord, attraverso l’antica via romana Triumphalis (poi via Francigena); da sud, attraverso la porta Septimiana lungo la futura via della Lungara e dall’interno, attraverso la zona dei futuri Borghi lungo la Portica, costruita sull’antica via Cornelia e detta Carreria Sancta in quanto percorsa sin dall’età paleocristiana dai martiri che andavano al supplizio.
Viene a formarsi così una grande Area Sacra definita, oltre che dalla Basilica, dalle chiese, dalle diaconie, dai monasteri, dai conventi, dalle Scholae Peregrinorum ed anche dal primo Palazzo Papale realizzato da papa Leone III (795-816) in prossimità della Schola Francorum. Queste nuove costruzioni sono disposte per lo più sul lato sinistro della Basilica: pertanto ai margini del colle del Gianicolo, tra le Scholae e i Burgs (ricoveri per i pellegrini) si aggiunge un ulteriore percorso.

La fondazione di un nucleo urbano fortificato: la Civitas Leonina (IX-XV)
Le mura Leonine
Le mura costruite per difendere la Basilica da papa Leone IV tra l’848 e l’852, determinano la strutturazione di Borgo come nucleo urbano fortificato: nasce così la Civitas Leonina.
Le mura, caratterizzate da 44 torri, partono da Castel Sant’Angelo, proseguono verso la parte destra della Basilica, girandole intorno ed infine, ridiscendono verso l’attuale Porta Cavalleggeri fino al Tevere.

Le porte principali
All’esterno della Civitas vi sono la Porta Peregrinorum (o Sancti Petri) dove termina la via Francigena, la Porta Saxonum (futura Porta di Santo Spirito) che raccoglie il percorso proveniente dalla Porta Septimiana e a nord infine, la Porta Sancti Angeli accanto al Castello.

I percorsi interni
All’interno, la struttura della Civitas è caratterizzata da quattro percorsi viari: da est verso ovest si delinea il tracciato di Borgo Santo Spirito, più a nord vi è la Portica, più volte restaurata, che inizia e termina con un arco, la futura via Alessandrina (poi Borgo Nuovo) si presenta con un tracciato ancora tortuoso, ed infine un’altra strada, il futuro Borgo Sant’Angelo, costeggia le mura.

L’ampliamento delle mura di Nicolò III
Con la decadenza delle Scholae e la loro graduale scomparsa, venendo a mancare il sostegno difensivo sul lato sinistro della Basilica, una nuova residenza pontificia viene realizzata sul suo lato destro; di conseguenza il papa Nicolò III (1277-1280) amplia il perimetro della cinta muraria sino al Belvedere.

Piano urbanistico di Nicolò V (1447-1455)
Nicolò V, grande papa umanista, si propone di dare un assetto nuovo e degno all’area vaticana cominciando dalla Basilica ed incarica della sua ricostruzione Bernardo Rossellino, autore della famosa piazza di Pienza.
Il piano urbanistico del pontefice si conosce attraverso Giannozzo Manetti, uomo colto ed autore della sua biografia.
Nel programma nicolino esiste il proposito di riorganizzare tutta la città rivolgendola verso San Pietro. Da Castel Sant’Angelo, di fronte al quale Nicolò V vuole creare una prima piazza, partono tre strade dirette verso San Pietro; le strade sono porticate con l’intento di ricostituire l’antica Portica e si concludono in una seconda piazza più ampia davanti alla Basilica.
Le strade coincidono con tre fondali architettonici, quella di destra è indirizzata verso l’accesso ai Palazzi Vaticani, quella di centro verso il portale centrale della Basilica e quella di sinistra verso la guglia, cioè l’antico obelisco. I tre percorsi sono in parte già esistenti e devono essere quindi solo rettificati. 
Nicolò V decide di utilizzare il complesso ‘Castel Sant’Angelo-Borgo-San Pietro’ come sede della Curia e come fortezza papale.
Essendo stato eletto nel 1447, vede proprio nell’imminente Anno Santo del 1450 l’occasione più opportuna per realizzare il suo programma, finalizzato a costruire la nuova immagine del papato rinascimentale accanto a Roma. 
Sempre a Nicolò V si deve il progetto di ristrutturazione dell’area di Borgo, secondo un disegno a scacchiera sulla base dei consigli dell’architetto Leon Battista Alberti. Il disegno albertiano, fortemente innovativo, diventerà il prototipo di tutti i successivi piani urbanistici ‘regolari’.
Il pontefice muore prematuramente a 57 anni e non riesce a portare a termine il suo piano. Il grafico del piano urbanistico si basa su un disegno di C.L. Frommel.

La realizzazione della via Alessandrina (futura via di Borgo Nuovo) sotto il pontificato di Alessandro VI (1492-1503) 

La nuova via Alessandrina, poi Borgo Nuovo, è una strada lunga circa 450 metri. Per la sua realizzazione viene compiuto il primo sventramento nella storia di Roma, vengono demolite infatti le case al centro della zona tra il futuro Borgo Vecchio ed il futuro Borgo Sant’Angelo, compresa la Meta Romuli. Comunque, il suo compimento rappresenta un’ulteriore evoluzione di Borgo che aveva iniziato ad assumere un nuovo aspetto già con Sisto IV, grazie all’edificazione dell’Ospedale Santo Spirito, del palazzo della Rovere e del palazzo Cesi. Con Alessandro VI vengono realizzati il palazzo Giraud, poi Torlonia, e la piazza Scossacavalli. 
Il papa, nel tracciare il percorso della futura via di Borgo Nuovo, assume come riferimento il portale di accesso ai Palazzi Vaticani.
Questa nuova via recta è il primo rettifilo centrato sul portone di un palazzo che ne diventa poi lo sfondo (idea ripresa dal precedente piano nicolino).
L’asse di questa strada è utilizzato successivamente come riferimento anche dal Bernini nel progettare il corridore destro del porticato-colonnato di San Pietro. L’asse viene cancellato con la realizzazione di via della Conciliazione (1938-50): pertanto la zona dell’ultimo grande sventramento compiuto a Roma coincide curiosamente con quella del primo.

La nuova tipologia della chiesa di San Pietro sotto il pontificato di Giulio II (1503-1513)

Per San Pietro, al posto della tipologia basilicale, si ipotizza una soluzione a pianta centrale, prediletta dalla cultura umanistica per la continuità con i monumenti della classicità romana.
La pianta centrale nel Rinascimento simboleggia l’ordine armonico dell’universo e quindi lo specchio della perfezione divina.

Progetto Bramante (durante il pontificato di Giulio II)

Sistemazione urbanistica della chiesa di San Pietro

Sotto il pontificato di Giulio II, in un disegno attribuito al Bramante da Henry Geymüller, la nuova chiesa di San Pietro è collocata al centro di una piazza quadrata delimitata da edifici porticati che si articolano e si aprono in immense esedre seguendo gli assi principali della chiesa.
Il Tempio nel centro del quadriportico è un edificio a pianta centrale, a croce greca e sormontato da una cupola.
L’idea di un edificio delimitato da una corona unitaria di costruzioni che lo circondano deriva dallo schema dei complessi termali romani come quelli di Caracalla o di Diocleziano. Rappresenta inoltre, il superamento della concezione dell’edificio centrico come volume plastico isolato, in quanto il Bramante crea un insieme di aggregati spaziali che si proiettano oltre l’involucro perimetrale per collegarsi con la città.
Il progetto bramantesco che avrebbe però implicato la demolizione dei Palazzi Vaticani, pur rimanendo soltanto uno schizzo, è comunque importante per la nuova sensibilità urbanistica. Infatti, il recinto periferico si trasforma nel centro di ognuno dei suoi quattro lati in un diaframma traforato, anticipando le soluzioni del nobile interrompimento, sia quelle seicentesche che quelle più recenti degli architetti Piacentini e Spaccarelli.

Sistemazione della zona dei Borghi 

In un altro schizzo, sempre attribuito al Bramante, l’architetto progetta una grande strada di accesso alla chiesa di S. Pietro, voluta da Giulio II, adornata da colonne, obelischi, altri nobili edifici ed addirittura da una delle famose colonne coclidi romane.

La nuova chiesa di San Pietro a pianta centrale con la cupola michelangiolesca (1557-1593)

Progetto Bramante

La pianta centrale del Bramante, con gli smussi diagonali dei piloni che sostengono la cupola e quindi con la soppressione dell’angolo retto, crea una continuità nella configurazione dello spazio. La cupola ideata dall’architetto, ispirata a quella del Pantheon, è però relativamente bassa. 

Progetto e realizzazione di Michelangelo

Michelangelo nella sua pianta centrale riesce a sintetizzare i due motivi geometrici della pianta bramantesca, la croce ed il quadrato, trasformando lo spazio in un’unità semplice rispetto alla dispersiva espansione negli spazi laterali del Bramante. Questo spazio unitario si conclude con una cupola notevolmente più alta di quella del Bramante che riassume tutto l’edificio; pertanto è michelangiolesca l’invenzione di una cupola dominante per San Pietro. 
La cupola realizzata da Michelangelo ricorda nella sua tecnica costruttiva quella di Santa Maria del Fiore del Brunelleschi, negli ordini architravati del tamburo la soluzione del Bramante e nei contrafforti radiali la soluzione di Antonio da Sangallo (anche Antonio da Sangallo aveva presentato un progetto per la nuova chiesa di San Pietro). 
La cupola michelangiolesca è impostata su un alto tamburo con grandi finestre che si aprono tra coppie di colonne binate fortemente sporgenti. Le coppie di colonne binate creano una sorta di ruota dentata che suggerisce un moto rotatorio mentre, contemporaneamente, i costoloni con la loro tensione spingono in alto la lanterna.
Comunque la cupola nella sua realizzazione, dopo la morte di Michelangelo, viene in parte modificata da Giacomo della Porta.

Pianta di Leonardo Bufalini (1551)

Nella pianta disegnata dal Bufalini si nota San Pietro che è per metà la nuova chiesa rinascimentale di Giulio II e per metà l’antica Basilica paleocristiana preceduta dal quadriportico, il famoso ‘Paradiso’.
Il complesso dei Palazzi Vaticani è graficamente rappresentato da una maglia quadrata. Sono ben definiti tutti i percorsi viari interni del Borgo ed anche il corridore di Alessandro VI per Castel Sant’Angelo che inizia accanto al torrione di Nicolò V, riconoscibile per la forma rotonda.


La Realizzazione della Civitas Pia e di un nuovo ampliamento della cinta muraria sotto il pontificato di Pio IV (1562-1565)

Sotto il papato di Pio IV, Borgo si amplia verso nord con la creazione di una vasta area abitata, la Civitas Pia, delimitata da un nuovo tratto della cortina muraria, quasi parallelo alle mura Leonine. La nuova area, tra il corridore di Alessandro VI e le nuove mura, è divisa da sette strade parallele; la prima e la settima arrivano rispettivamente alla Porta Castello e alla Porta Angelica.

Pianta di Etienne Du Pérac (1577)

Nella sua pianta il Du Pérac rappresenta Roma in una veduta dall’alto; dall’analisi della pianta Borgo Pio risulta tracciato ma non ancora costruito.

Spostamento dell’obelisco del Circo Neroniano di fronte alla chiesa di S. Pietro sotto il pontificato di Sisto V (1585-1595) 

Piano urbanistico Sistino  

Sotto Sisto V l’obelisco del Circo Neroniano viene spostato davanti alla chiesa di San Pietro. La sua nuova posizione prolunga all’esterno uno degli assi principali della chiesa, indicando la proiezione della stessa verso la città. Pertanto la collocazione dell’obelisco al centro della vasta area, venutasi a creare con la demolizione dell’antica Basilica Constantiniana, sembra preannunciare il prolungamento di San Pietro del Maderno, ossia la sua trasformazione tipologica dalla pianta centrale alla pianta longitudinale.
In questo periodo Borgo è collegato con la città solo attraverso via della Lungara e tramite il sistema ‘Borgo Nuovo-ponte Sant’Angelo’.
Con l’attuazione del piano di Sisto V tutte le strade radiali tendono verso piazza del Popolo e di lì, per il tridente di Campo Marzio, alla via Trinitatis, alla via di Tor di Nona, alla piazza di Ponte ed al di là del Tevere, verso San Pietro. In questo senso gli innalzamenti degli obelischi di piazza del Popolo e di piazza San Pietro, voluti da Sisto V e realizzati da Domenico Fontana, posti volutamente l’uno in vista dell’altro, fanno si che, secondo l’antico proposito nicolino, tutta la città sia irrevocabilmente rivolta verso San Pietro.
Nel suo piano urbanistico Sisto V ipotizza anche la realizzazione di una grande strada, in asse con l’obelisco, che collega Ponte Sant’Angelo a piazza S.Pietro; quest’idea non viene però attuata.
Il papa fa costruire inoltre la nuova Biblioteca da Domenico Fontana al centro del Cortile del Belvedere, spezzando l’episodio unitario realizzato dal Bramante, come grande corte del papato rinascimentale. Sempre da Domenico Fontana, il papa fa realizzare il nuovo Palazzo Vaticano sulla piazza San Pietro come edificio a sé stante rispetto agli altri fabbricati intorno.

Pianta di Antonio Tempesta (1593) 

Nella pianta del Tempesta il complesso bramantesco del Belvedere è l’elemento più consistente dei Palazzi Pontifici.
La Civitas Pia appare costruita ed è definita da una maglia edilizia di 18 isolati. È anche evidente la nuova strada di Borgo Pio, lunga 600 metri, sulla direttrice dell’ingresso al cortile del Belvedere.
La chiesa rinascimentale di San Pietro del Bramante e di Michelangelo appare completata con tutta la sua cupola, visibile da ogni parte della città.
Il Vaticano, nato nel Medioevo come fortezza extraurbana intorno alla Basilica di San Pietro, si trasforma così nel Rinascimento in un complesso architettonico dominante, sede del potere pontificio.

San Pietro e il ritorno alla tipologia basilicale con l’intervento del Maderno e la nuova facciata (1606-1612) 

Per ragioni di carattere religioso dopo la Controriforma, alla concezione bramantesca e michelangiolesca della chiesa a pianta centrale (nel caso specifico a croce greca) si oppone la nuova tendenza papale per la realizzazione di una pianta a croce latina.
Paolo V incarica quindi Carlo Maderno di studiare e realizzare la nuova e particolare tipologia che deve assumere la chiesa di San Pietro.
L’architetto crea una tipologia ibrida che nasce dall’innesto di tre nuove navate longitudinali sulla pianta centrale michelangiolesca già esistente; dopo questo intervento San Pietro torna ad assumere nuovamente una configurazione tipologica che richiama quella ‘basilicale’.
Il Maderno costruisce anche la facciata della chiesa che risulta più avanzata di circa 85 metri rispetto alla cupola che rimane di conseguenza molto distante.
La facciata di San Pietro viene allungata dall’architetto oltre la sagoma dell’edificio per sostenere due campanili all’estremità. I campanili, che alla fine comunque non vengono realizzati, avrebbero dovuto accompagnare lo slancio verso l’alto della cupola ed in certo qual modo inquadrarla ed anticiparla.
La facciata di San Pietro senza i due campanili resta essenzialmente orizzontale; la mancanza di qualsiasi spinta ascensionale la priva della caratteristica principale di tutte le facciate delle chiese, indipendentemente dal periodo stilistico.
L’idea dei due campanili laterali è ripresa da Gianlorenzo Bernini. 

Progetto Bartoli (1620-1630)

Papirio Bartoli è un giureconsulto, non un architetto, che propone al tempo di papa Paolo V una piazza di forma rettangolare delimitata da edifici porticati con al centro l’obelisco. Sullo stesso asse centrale longitudinale dispone anche una fontana e un ‘beveratore di cavalli’.
I corpi di fabbrica, che partono dai fianchi della Basilica, sono di tre piani; il terzo braccio trasversale e parallelo alla Basilica ne ha solo due per non impedire la visione della facciata del Tempio.
Il Bartoli dichiara però di non porre limiti all’estensione della sua piazza e di aver posto il terzo braccio in un punto preciso nel suo progetto solo per margini tipografici (la ‘picciolezza’ del rame a disposizione dell’editore). In realtà lo considera una quinta mobile da poter spostare lungo l’asse liberato dopo la demolizione della Spina dei Borghi. 
Il progetto del Bartoli è l’esperimento di un dilettante legato ancora alla tradizione dell’antico quadriportico della Basilica Costantiniana.
Il progetto è comunque interessante perché il Bartoli studia anche le possibili destinazioni d’uso dei suoi fabbricati, ad esempio per uffici, per abitazioni del personale di servizio al Vaticano o per ospitare i conclavi. 

Progetto Rainaldi (1650-1651)

Carlo Rainaldi progetta due portici ortogonali alla facciata di San Pietro che terminano con due portali di accesso alla Basilica e due celle campanarie e li collega ad una piazza ottagona irregolare, circondata da corpi di fabbrica a due piani ma sempre porticati.
Al centro dell’asse mediano trasversale della piazza, parallelo alla facciata di San Pietro, vi è l’obelisco; il Rainaldi colloca lungo lo stesso asse anche due fontane (idea ripresa poi dal Bernini). 
Il progetto dell’architetto è importante sia per la decisione dell’allontanamento della piazza ottagona dalla facciata di San Pietro, sia per la posizione centrale dell’obelisco con ai lati le fontane, ma soprattutto, perché il Rainaldi crea una piazza che con la sua forma geometrica particolare tenta di avvicinarsi il più possibile ai Palazzi Vaticani disposti sul lato destro della Basilica e tutti orientati in maniera diversa.

Progetto Spada (1651)

Virgilio Spada, segretario della Congregazione Cardinalizia della Reverenda Fabbrica di San Pietro, propone di demolire tutte le case intermedie tra Borgo Vecchio e Borgo Nuovo per una maggiore e più lunga prospettiva del Tempio Vaticano.
Lo Spada studia il problema anche dal punto di vista economico con un preciso preventivo di spesa per gli espropri, calcolando addirittura il valore delle singole case.
Il suo disegno mostra cinque isolati di case tra Borgo Vecchio e Borgo Nuovo: il primo è l’isola del Priorato che sarà demolita da Alessandro VII per la creazione di piazza Rusticucci, il secondo è l’isola degli Spinola, il terzo è l’isola di San Giacomo Scossacavalli, il quarto è l’isola delle Prigioni e il quinto è l’isola della Catena di Borgo che prende il nome dalla catena che serviva a chiudere il libero passaggio per il Borgo.
Virgilio Spada considera ancora l’area vaticana una sorta di città sacra fortificata, in grado di ospitare tutta una serie di servizi, ma la pone come una cittadella militare, in una condizione di isolamento funzionale rispetto a Roma.
Le demolizioni che progetta, simili a quelle utilizzate per liberare lo spazio antistante una fortificazione, servono perciò ad isolare la Basilica. Lo spazio vuoto, creato intorno e davanti alla Basilica, viene ricucito dallo Spada attraverso i portici.
Il modello dei portici di Virgilio Spada deriva dalla tradizione delle grandi piazze tardomedievali, per cui la piazza che immagina è una piazza chiostro-cortile. Lo Spada estende il principio del portico appoggiato ad un corpo di fabbrica ad un’intera strada che, dopo la demolizione della Spina dei Borghi, avrebbe avuto una forma trapezoidale allungata ad imbuto. 
Quindi la grande differenza con il futuro portico berniniano non è tanto nel portico semplice, doppio o triplice, quanto nel tipo di portico staccato e senza corpo di fabbrica che con il Bernini diventa puro fatto ornamentale. Il Bernini in questo modo trasformerà il modello di piazza-cortile in una grande spazialità aperta.

Progetto Bernini e realizzazione della piazza-colonnato (1657-1667)

Piazza davanti o intorno alla chiesa  

Nella storia della progettazione di piazza San Pietro si alternano due tendenze fondamentali rivolte a creare una piazza davanti o intorno alla chiesa.
La prima tendenza tiene conto dell’esigenza di mediare la spazialità sacra della chiesa e lo spazio civile di Borgo e di Roma.
La seconda tendenza concepisce la Basilica come cittadella autosufficiente.
La particolare soluzione dei corridori rettilinei impostati da Bernini non davanti, bensì ai lati della facciata maderniana, attua una mediazione tra la realtà della piazza davanti alla chiesa e l’idea della piazza intorno alla chiesa.
I corridori rettilinei, più bassi del colonnato-porticato e convergenti verso la piazza, richiamano la geniale soluzione adottata da Michelangelo per la piazza del Campidoglio. Diminuiscono così la larghezza della facciata maderniana e, con la loro prospettiva rovesciata, la avvicinano.

La scelta della forma ovale della piazza  

I progetti del Bernini per una grande piazza porticata, prima circolare, poi ovale, sembrano collegarsi alle grandi piazze colonnate dell’antichità.
I primi studi per la sistemazione della spianata davanti a San Pietro risalgono al 1656 e si protraggono per circa un anno.
La presenza di edifici, come il Palazzo Pontificio eretto da Domenico Fontana sotto Sisto V, ha contribuito a portare il Bernini a scegliere una forma ovale per evitare, con la curvatura dell’ellisse, zone d’ombra e difficili visuali dalla piazza verso il Palazzo Pontificio e soprattutto, verso la Loggia delle Benedizioni.
L’artista, dopo aver affrontato problemi di carattere liturgico e psicologico, crea così un ampio spazio atto ad accogliere i fedeli convenuti per ricevere la benedizione papale, Urbi et Orbi, data simbolicamente a tutto il mondo, in cui la Loggia delle Benedizioni è perfettamente visibile a tutti. Lo spazio ovale, caratterizzato da due esedre e con l’asse trasversale definito dall’obelisco e da due fontane, viene unito allo spazio trapezoidale inquadrato da due ali piene, i corridori, divaricate verso la facciata maderniana. Il Bernini rivela così una raffinata sensibilità sia per i problemi ottici che per quelli dimensionali dello spazio.

La geometria della piazza  

Bernini realizza un ovale a quattro centri che, essendo dotato di un elevato grado di simmetria, può avere così apparente autonomia nei confronti di quanto lo circonda. L’architetto trova in questo modo la soluzione per staccarsi dall’intorno, caratterizzato soprattutto sul lato destro da una geometria difficile, anche se uno dei punti di partenza della sua composizione progettuale è la coassialità tra il corridore nord e Borgo Nuovo.
Bernini, al fine di rendere poco visibile l’allineamento irregolare della posizione dell’obelisco rispetto al centro della facciata maderniana e al centro della cupola michelangiolesca, tralascia l’asse di simmetria della chiesa e prende come riferimento l’asse che congiunge il centro dell’obelisco con il centro della facciata e così, definisce (ortogonale a questo) il nuovo asse trasversale della piazza sul quale prolunga il lato orientale del Palazzo Vaticano di Sisto V. L’architetto determina così il centro dell’emiciclo nord ed infine, con una simmetria rotatoria rispetto all’asse facciata obelisco, realizza l’ellisse. I grafici della ricostruzione geometrica della piazza sono dell’architetto Massimo Birindelli che ha realizzato un approfondito studio su questo tema. 

Le ‘arche-tipologie’ del colonnato

Il Bernini crea la sua piazza-colonnato basandosi su antiche tipologie, definite da Marcello Fagiolo ‘arche-tipologie’.
I Fori Imperiali, che si caratterizzano per il susseguirsi di forme avvolgenti e complesse, sono il principale modello di riferimento del particolare colonnato del Bernini. In tal modo il Bernini crea con il suo colonnato l’ultimo dei Fori Imperiali, il Forum Christianorum antistante il Tempio del Divo Pietro ed adiacente al Palatium.
Il portico berniniano è basato anche sull’idea del giardino. È infatti una ricostruzione del quadriportico della Basilica Costantiniana in cui la funzione del ‘Paradiso’ è rievocata dalle due fontane ai lati dell’obelisco.
L’ultima ‘arche-tipologia’ del colonnato è quella del teatro. La piazza-colonnato del Bernini assolve la stessa funzione simbolica che il Colosseo aveva nell’antichità, quella ossia di teatro universale al centro di Roma, che lo rendeva capace idealmente di accogliere al suo interno tutti i popoli da lei governati. La grande piazza porticata berniniana si trasforma pertanto, nel Theatrum non solo Urbis ma anche Orbi.

Progettazione dei due campanili ai lati della facciata 

Il Bernini tenta di risolvere il problema della sproporzione della facciata maderniana, progettando due campanili laterali. I campanili avrebbero dovuto inquadrare la cupola, facendola sembrare più vicina e collegata alla facciata stessa, riscattandola quindi dalla condizione di sfondo causata dall’aggiunta delle navate del Maderno. Appena costruito il campanile sud, si verificano però gravi cedimenti nelle fondazioni, per cui si demolisce quanto realizzato fino a quel momento.

Colonnato ellittico e cupola 

Bernini, non avendo potuto portare a termine il progetto di revisione della facciata, tenta con il suo colonnato ellittico un rapporto dialettico a distanza con la cupola michelangiolesca. Infatti il colonnato ellittico riprende la forma curva della cupola presentandola però aperta e dilatata.
Bernini determina con la prospettiva delle quattro colonne allineate che formano la sezione trasversale del colonnato un’ulteriore espansione a raggiera. Questa invenzione geniale non solo riesce a far rivedere la cupola di Michelangelo con l’allontanamento del punto di vista dell’osservatore, ma trasforma l’antico quadriportico basilicale in una grande piazza. Quest’ultima diventa così non solo l’anello che raccorda la Basilica alla città ma anche l’abbraccio della Chiesa ai fedeli di tutto il mondo (Argan).
La struttura geometrica del porticato-colonnato è molto semplice e chiara. Bernini infatti, spezza la monotonia dell’immensa stesura ritmica delle 284 colonne e degli 88 pilastri con l’inserzione dei particolari motivi di testata e ravviva tutto il profilo superiore del porticato, disponendovi le 96 statue dei santi alte 5 metri che mediano il passaggio tra la massa architettonica dei portici e la volta del cielo, unico possibile coronamento, viste le dimensioni spaziali della piazza. Gli elementi architettonici del colonnato sono di un classicismo scarno, semplice, quasi cinquecentesco. Invece, gli attacchi tra le parti rettilinee e le parti curve sono tipicamente barocchi; infatti Bernini li realizza con la proiezione obliqua di cornici e pilastri.
È anche tipicamente barocca la metamorfosi nella serie continua di aggregazioni visive della struttura del porticato che passa continuamente, grazie alla particolare disposizione delle colonne negli emicicli, da una situazione di estrema trasparenza a quella di totale opacità (Portoghesi). 
La piazza berniniana con il suo colonnato si può definire quindi la prima architettura veramente aperta e pienamente integrata allo spazio atmosferico, ossia la prima architettura urbanistica.
La grande ellisse fu completata nel 1667, anche se non fu mai eseguito il terzo braccio che, nella prima soluzione berniniana avrebbe chiuso la piazza verso la zona dei Borghi, lasciando solo due passaggi laterali e formando una netta separazione tra spazio profano della città e spazio sacro della piazza, mentre nella seconda soluzione il terzo braccio, più arretrato, avrebbe composto una antipiazza da cui si avrebbe avuta una piena visione della cupola e dell’intero perimetro ovale del colonnato.
Con la realizzazione berniniana la piazza-colonnato, unitariamente progettata ed arredata, viene in comunicazione con la piazza Rusticucci, ottenuta con la demolizione di alcuni edifici, senza nessun disegno e progetto. La contrapposizione è quindi nettissima, infatti la casualità assoluta dialoga con il più rigido controllo progettuale. Le due piazze convivranno per quasi tre secoli.
Per la realizzazione della piazza berniniana vengono compiute le demolizioni più massicce fino a quelle realizzate con gli sventramenti della seconda metà dell’Ottocento. Con queste demolizioni Borgo cambia radicalmente e viene spaccato quasi a metà. A sud quasi tutte le case che si erano spinte fin oltre la Basilica vengono abbattute e ciò che rimane tra il nuovo porticato, le mura e la Basilica, scomparirà del tutto negli anni successivi. La sistemazione berniniana con i due larghi bracci porticati sbarra in parte gli accessi sia dalla Porta Angelica che dalla Porta Cavalleggeri, pertanto i due emicicli creano una sorta di filtro ai percorsi, per cui l’arrivo principale alla Basilica avviene solo attraverso la zona dei Borghi: in questo modo tutta la città è chiaramente rivolta verso San Pietro.

Pianta di Giovan Battista Falda (1676)

Il Falda rappresenta nella sua pianta lo stato di fatto della piazza berniniana a lavori finiti. La veduta è in un certo senso il riassunto delle trasformazioni del Cinquecento e del Seicento, con i Palazzi Vaticani completati e con Borgo Pio tutto costruito.

Progetto del terzo braccio berniniano 

Prima soluzione

Il terzo braccio della prima soluzione berniniana, ad un solo piano, è collocato proprio sul perimetro dell’ovale della piazza ed è rappresentato dal Falda in una famosa incisione, come se fosse già stato realizzato. La struttura architettonica del terzo braccio ha il compito di assolvere la funzione di collegamento con gli altri portici durante le processioni come quella celebre della festa del Corpus Domini.
Questa soluzione del Bernini non viene attuata, ma il terzo braccio viene comunque creato con strutture provvisorie (strutture lignee, tendaggi..) per raccordare i due colonnati durante le celebrazioni religiose.

Fortuna del terzo braccio della prima soluzione berniniana

La prima soluzione del terzo braccio berniniano viene riproposta inoltre anche a più riprese nel corso del Seicento e del Settecento con piccole variazioni rispetto a quella rappresentata dal Falda.

Incisione di F. Mastrozzi

Tra queste soluzioni è soprattutto interessante l’incisione del Mastrozzi (1723) che non si limita ad evidenziare il terzo braccio, ma, tra il breve spazio tra i due corpi del colonnato, fa intravedere il progetto di una nuova veste architettonica per piazza Rusticucci: una delle facciate dei palazzi che circondano lo spazio a trapezio della piazza è articolata in modo tale da richiamare il portico berniniano. Infatti la facciata del palazzo è scandita da un ordine gigante di paraste, idea ripresa anche dagli architetti Piacentini e Spaccarelli nella soluzione dei Propilei della ex piazza Rusticucci (1934-1950).

Seconda soluzione

Bernini, per creare una sorta di antipiazza, sposta il terzo braccio verso la piazza Rusticucci, estendendolo in altezza. Pertanto questa soluzione è legata più ad un problema di visibilità sia della piazza-colonnato che della cupola della Basilica. Questo terzo braccio è infatti un pronao autonomo, avulso dal collegamento con gli altri due portici che non può svolgere alcuna funzione di raccordo durante le processioni religiose.
Quindi la sua funzione di collegamento viene sacrificata per una questione estetica e scenografica, in modo che il visitatore possa vedere la piazza nella sua piena estensione e possa indirizzare il suo sguardo, attraverso le curve del colonnato, verso l’asse centrale della facciata e verso la cupola.
Il terzo braccio progettato in questa seconda soluzione è più alto dei portici del colonnato ed ha sopra il primo livello un loggiato arioso con tre alte aperture ad arco, tra le quali quella centrale è più grande.
La prima trabeazione pertanto, è ritmata da statue come nel colonnato-porticato della piazza, sopra alla seconda invece, vi è una piattaforma a gradoni da cui partono quattro volute raccolte a piramide che sostengono in sommità una campana, un orologio ed una croce.
Bernini elabora così una sorta di Arco Trionfale della Fede Cattolica e quindi, tale elemento architettonico, così tipologicamente definito, fa nascere l’ipotesi che Bernini già avesse previsto, sotto Alessandro VII, la demolizione della Spina dei Borghi. Un terzo braccio a due piani così permeabile non sarebbe stato infatti concepibile se non come conclusione di una lunga strada attraverso i Borghi o quanto meno, come lato di una piazza senz’altro più ampia di quella Rusticucci.

Percorso sacro 

Le diverse opere di Bernini per San Pietro costituiscono una sorta di percorso ideale e, sebbene siano state realizzate durante un periodo superiore a 40 anni, evidenziano una coerenza d’insieme e un modus operandi derivanti da una concezione guida unitaria.
Una tappa di questo percorso ideale è il grande emiciclo della piazza San Pietro che, non è circondata da edifici ma da due monumentali strade coperte a tre navate, con una soluzione di continuità tra esterno ed interno della Basilica sempre a tre navate. Tale percorso inoltre, continua all’interno lungo le navate che, caratterizzate, dopo la ristrutturazione berniniana, da una corsa prospettica accelerata e luministica, raccordano lo spazio esterno luminoso della piazza con la zona, costantemente piena di luce, sotto la cupola.
Il percorso, così inondato di luce, raggiunge il grande Baldacchino, altra fondamentale opera berniniana, con la quale l’architetto modifica la centralità spaziale della crociera michelangiolesca in circolarità, richiamando così la dinamicità della sua piazza-colonnato. Il percorso infine, si conclude con la trionfale gloria absidale della Cattedra, sempre realizzata dal Bernini, che riversa nella chiesa, con la sua grandiosa raggiera, un fiume di luce dorata. La gloria absidale, termine prospettico del lungo percorso che si ha entrando in San Pietro, visibile anche attraverso le colonne del Baldacchino, rappresenta allegoricamente la supremazia del papato, dominato solo dallo Spirito Santo simboleggiato dall’immagine trasparente della colomba circondata da nubi raggianti. 
Pertanto, c’è da chiedersi: la seconda soluzione del terzo braccio del Bernini, il famoso Arco della Fede, avrebbe dovuto costituire l’inizio della successiva tappa del percorso sacro per collegare direttamente piazza San Pietro con il ponte dei suoi Angeli della via Crucis di Castel Sant’Angelo?
Nel 1679 comunque, sotto Innocenzo XI, a causa della carestia e della fame che sconvolgono la città, a Bernini viene negato il permesso di abbellire la piazza con il suo nuovo terzo braccio.

La piazza berniniana in rapporto con la nuova via della Conciliazione

La realizzazione dell’attuale via della Conciliazione ha in realtà stemperato l’effetto scenografico della piazza a causa dell’eccessiva distanza dalla quale può essere vista. 
La maggior parte dei più autorevoli architetti urbanisti e storici dell’arte del secolo scorso e di oggi (Bruno Zevi, Giulio Carlo Argan, Leonardo Benevolo, Italo Insolera…) hanno criticato la demolizione del tracciato delle antiche strade di Borgo in quanto, secondo loro, Bernini aveva progettato la piazza in modo che non ci fosse un punto di vista privilegiato, ossia un asse principale prospettico. Il porticato-colonnato infatti, aveva i suoi tempi di sviluppo basati su una successione e su una variazione continua di prospettive ed aperture spaziali. Ogni prospettiva si coordinava a quelle precedenti e preparava quelle successive. Si giungeva così alla piazza San Pietro con un senso di sorpresa e di meraviglia per il cambio improvviso dei rapporti spaziali.
Tuttavia nella piazza la dinamicità dei rapporti spaziali è ancor oggi presente grazie alla molteplicità prospettica del porticato-colonnato.

Progetto Fontana (1694) 

L’architetto Carlo Fontana nella sua opera Il Tempio Vaticano compie una serie di studi illustrati da disegni per la sistemazione della piazza San Pietro e dei Borghi.
Sono solo studi in quanto il papa Innocenzo XII nelle difficoltà economiche in cui si trovava non avrebbe mai potuto pensare di eseguire lavori così dispendiosi.
Il Fontana elabora tre soluzioni senza neppure indicare quale delle tre preferisca e precisa di esporle solo per appagare la sua curiosità.

Prima Soluzione  

L’architetto disegna due lunghi portici rettilinei partenti dalle estremità dei due bracci del colonnato berniniano e convergenti fino a giungere quasi al palazzo dei Convertendi ossia alla piazza Scossacavalli. In questo luogo un braccio trasversale congiunge tra loro i due nuovi portici ed ha al centro una torre con un orologio monumentale.
Il terzo braccio di questa soluzione è situato a distanza notevole dai portici berniniani ed è concepito più come collegamento dei due nuovi corridori che come collegamento dei due bracci del colonnato berniniano. I corridori del Fontana, anche se rovesciati, sono paralleli a quelli berniniani che congiungono il colonnato alla Basilica.
L’obelisco perciò diventa il punto centrale ed equidistante dalla facciata della Basilica e dal nuovo terzo braccio. In tal modo il Fontana stabilisce il predominio della direttrice longitudinale come avveniva anche nell’antico Circo di Nerone.
La sua nuova piazza ha per il Fontana la funzione di luogo di ristoro per i pellegrini che possono sfruttare i nuovi corridori, passaggi coperti dal sole e dalle piogge, fino al colonnato berniniano adibito invece solo come luogo per le processioni; per l’architetto inoltre, la sola pendenza delle piazze garantisce la funzione gerarchica dello spazio sacro.
In realtà la nuova seconda piazza toglie all’ovale del colonnato berniniano il carattere di piazza chiusa, dal momento che lo spettatore ha davanti un enorme spazio vuoto, in quanto il terzo braccio ideato dal Fontana, collocato così lontano, si presenta troppo tardi nel suo campo visivo.
Il terzo braccio del Fontana è perciò una sorta di Belvedere, una modello tipologico che si stava diffondendo nell’architettura dei grandi paesaggi sul finire del XVII secolo.
Dietro al braccio trasversale il Fontana completa il progetto con un’esedra decorata da fontane. La nicchia con fontane tra i due Borghi costituisce così un teatro d’acqua che segna il passaggio dal Tempio alla città.
Dal disegno del Fontana si notano chiaramente ancora Borgo Vecchio e Borgo Nuovo, per quanto assai ridotti, e l’architetto li definisce come ‘strade che da Ponte verrebbero ad imboccare nell’ambito della piazza’.
In questa prima soluzione il Fontana perciò si preoccupa di proteggere il pellegrino che, uscendo dalla chiesa dopo la sua esperienza liturgica, ha davanti a sé una visione architettonica insoluta e caotica.
Infatti il Fontana evidenzia in questa prima soluzione la preminenza dell’orientamento verso la città rispetto a quello diretto verso la Basilica, in quanto tutte le linee visive convergono verso lo scenografico teatro semicircolare. 
Dalla parte del ponte di Castel Sant’Angelo la visione della facciata della Basilica si ha solo dopo aver attraversato l’ingresso centrale del terzo braccio. Quindi è evidente che tutto il progetto è pensato per creare il miglior contorno al Tempio.

Seconda soluzione  

L’architetto sposta ulteriormente il terzo braccio in direzione del ponte di Castel Sant’Angelo di circa 22 metri.
I nuovi corridori del Fontana non sono più paralleli a quelli berniniani, ma divaricati in modo da convergere verso il ponte Sant’Angelo, da dove, secondo l’architetto, la cupola della Basilica e il terzo braccio sarebbero già visibili.
In questa seconda soluzione il Fontana si preoccupa non solo della sistemazione dell’area davanti a San Pietro, ma anche di quella intorno e dietro la Basilica.
L’architetto crea una sorta di teatro posteriore che richiama la tipologia del circo di Nerone e che si conclude con due rampe curve ascendenti la collina. Emerge così nella piazza retrostante l’idea da parte del Fontana di isolamento del Tempio per la contemplazione della cupola di Michelangelo che diventa in tale contesto l’unica protagonista della scena.
L’orientamento principale del progetto è in questo caso perciò verso la Basilica.
Il terzo braccio, molto più largo per estensione, ha la funzione di mettere in comunicazione l’area della Basilica con la ‘strada-piazza’ di Ponte destinata al commercio e al mercato.
Quindi in questa soluzione il Fontana assegna al terzo braccio la stessa funzione della seconda soluzione berniniana del terzo braccio, cioè quella di nobile interrompimento. Ma, mentre l’interrompimento del Bernini è una sorta di particolare dei suoi portici, anche se di due piani e perfettamente permeabile, quello del Fontana, caratterizzato da una torre centrale della stessa altezza della facciata di San Pietro, crea invece, un effetto ottico di sovrapposizione architettonica in modo crescente per tutto il percorso del pellegrino verso la Basilica, come nella prima soluzione.
Il Fontana inoltre, sia nella precedente prima soluzione che in questa seconda subordina l’ovale della piazza-colonnato all’asse longitudinale, riducendo i bracci porticati berniniani ad uno sfondo scenografico per le due fontane di piazza San Pietro: le due ali del colonnato vengono infatti ridotte quasi ad una cornice da vedere a distanza. In questo modo il Fontana però finisce per stravolgere il progetto berniniano, i cui colonnati, riprendendo la funzione dell’atrio dell’antica Basilica, abbracciano in senso vero e proprio i fedeli, creando un luogo di raccoglimento prima di passare all’interno della chiesa.

Terza soluzione 

Alcuni studiosi considerano la terza pianta del Fontana un semplice rilievo topografico, non una vera planimetria progettuale, per altri studiosi invece, le due linee condotte dalle estremità del colonnato berniniano fino alla piazza di Castel Sant’Angelo indicano gli edifici destinati alla demolizione e quindi, con il terzo progetto il Fontana crea un viale non interrotto da alcun terzo braccio e forse delimitato da portici che l’architetto chiama stradone.

Conclusioni 

Il Fontana nelle soluzioni, dal teatro d’acqua barocco del primo progetto fino all’intervento urbanistico della terza ipotesi progettuale, si avvicina sempre più all’urbanistica del piano sistino di Domenico Fontana, basato su un sistema di assi viari rettilinei destinati a collegare più facilmente le piazze e i nuovi centri della città. 

Pianta di Giovan Battista Nolli (1748)

La pianta del Nolli è importantissima in quanto è la prima pianta topograficamente rigorosa eseguita su un completo rilievo originale.
La zona dei Borghi si distingue dalle altre parti della città per un preciso disegno unitario. La pianta rivela infatti che nella città l’unica espansione diversa, originata da una lottizzazione a scacchiera e non da una via per gemmazione, è Borgo Pio. Sono diverse la maglia, la dimensione degli isolati in quanto definite da una particolare geometria viaria che altrove, nella città, sembra sia stata sovrapposta per tagliare e separare, mai per strutturare ed organizzare.

Progetto Morelli (1776)

A Roma il Barocco, giunto alla stagione settecentesca, si caratterizza nelle sue soluzioni urbanistiche per l’arte di costruire la città (piazza di Spagna, piazza di Trevi, porto di Ripetta), ma nel caso della zona dei Borghi ha fornito un solo progetto e di poco rilievo.
Cosimo Morelli, architetto imolese neocinquecentista, autore di palazzo Braschi, propone sotto papa Pio VI con due disegni (pianta ed alzato) la demolizione della Spina dei Borghi. Alla testata della nuova arteria dalla parte di Castel Sant’Angelo dispone due palazzi le cui facciate richiamano nelle linee architettoniche le due chiese gemelle di piazza del Popolo, Santa Maria di Montesanto e Santa Maria dei Miracoli, realizzate da Carlo Rainaldi. Inoltre, si viene a creare anche l’invaso ad imbuto corrispondente alla forma che piazza del Popolo aveva prima dell’intervento ottocentesco di Giuseppe Valadier.
L’architetto disegna così una lunga strada pavimentata con una fontana nel mezzo e con pochi altri elementi di arredo urbano lasciando intatti i prospetti dei palazzi rimasti sulla nuova via. Pertanto questa piazza-strada mette in evidenza tutte le irregolarità dei due fronti edilizi soprattutto in prossimità del colonnato berniniano. Infatti, il largo stradone non imbocca in modo simmetrico lo spazio esistente tra i due bracci del colonnato, dal momento che il suo lato destro resta arretrato, mentre quello sinistro è notevolmente avanzato.
La veduta del Morelli, essendo solo aerea, nulla può dire invece sugli effetti della nuova situazione prospettica ad altezza d’uomo sul piano stradale.

Progetto Amministrazione Francese e Progetto Valadier (1811-1812)

Nell’Ottocento il collegamento principale tra San Pietro e la città è costituito sempre da ponte Sant’Angelo.
Durante l’Amministrazione Francese viene proposta l’idea della demolizione di tutte le case comprese tra Borgo Nuovo e Borgo Vecchio. Molto probabilmente il progetto è legato alla creazione di un collegamento più diretto tra la porta principale della città a nord, Porta del Popolo, e San Pietro e quindi, anche alla realizzazione di un luogo di pubblico passeggio dal porto di Ripetta fino a ponte Sant’Angelo. 
L’idea del pubblico passeggio si afferma e si diffonde particolarmente nella cultura illuministica, in quanto è legata a finalità sociali e di promozione dell’educazione cittadina con il recupero di ideali classici.
Il conte Tournon, prefetto della provincia romana, parla della sistemazione dell’area del Vaticano in un’opera in due volumi intitolata Études statistique sur Rome. I progetti francesi tendono ad assimilare le idee del barocco, sviluppate dal neoclassicismo, giungendo pertanto alla necessità di inquadrare i monumenti (in questo caso specifico la Basilica di San Pietro) da grandi distanze e di avvicinarli in un sol colpo d’occhio. Però tali progetti, spingendo al massimo la tendenza a generare prospettive così allungate, finiscono invece a volte per minimizzare in definitiva l’oggetto principale del loro interesse. Nel caso particolare dell’area dei Borghi, l’Amministrazione Francese si limita a progettare la demolizione della sola Spina e il collegamento della zona vaticana con quella dei Lungofiume.

Progetto Valadier 

Allegato al progetto di demolizione dell’Amministrazione Francese vi è un disegno di Giuseppe Valadier studiato per ornare la lunga strada che porta a piazza San Pietro con due famose colonne coclidi, quelle di Traiano e di Marco Aurelio, aventi in sommità rispettivamente le statue di S. Pietro e S. Paolo (soluzione in parte già prospettata dal Bramante al tempo di Giulio II).
Il progetto del Valadier è proprio tipico dell’atmosfera neoclassica. È accompagnato da misurazioni e spese per l’esproprio delle cinque isole costituenti la Spina dei Borghi e quindi può essere considerato un vero e proprio progetto di massima, accantonato comunque dall’Amministrazione Francese per dare la precedenza ad altri progetti come quello di piazza del Popolo, sebbene ne fosse sottolineata l’importanza.

Mappa del Catasto redatta dalla Congregazione del Censo (1819-1822)

La mappa ottocentesca del Catasto Pio Gregoriano rappresenta l’avvenimento cartografico più importante dopo la pianta del Nolli.
Il tessuto edilizio viene profondamente analizzato nel rapporto tra pieni e vuoti e nelle dimensioni delle abitazioni.

Progetto Repubblica Romana (1849) e la nuova piazza Pia (1852)

Durante la Repubblica Romana viene demolito il primo edificio della Spina dalla parte di Castel Sant’Angelo e così viene dispersa anche la fontana di Paolo V, il cosiddetto Mascherone di Borgo. Però, questo edificio dopo poco tempo viene ricostruito e persino soprelevato e vi viene pure addossata una nuova fontana con delfini, mentre, in corrispondenza degli edifici di testata di via di Borgo Vecchio e via di Borgo Nuovo, l’architetto Luigi Poletti realizza due nuovi prospetti simmetrici e classicheggianti.
Nel 1852 Pio IX riesce così ad attuare l’idea di Nicolò V con la piazza Pia ‘avanti Castello’ quale accesso alla Spina dei Borghi.

Progetto Capranica (1850)

Domenico Capranica propone l’abbattimento della Spina dei Borghi, partendo dal progetto di demolizione dell’Amministrazione Francese, criticandolo comunque per l’eccessiva larghezza ed irregolarità della nuova strada proposta. Il Capranica allinea quindi, i due prospetti dei Borghi mediante un lungo taglio della fronte degli edifici di Borgo Vecchio. Il progettista crea inoltre, una nuova duplice spina da cui sorgono due strade più piccole, laterali e parallele, nelle quali pensa di collocare delle botteghe, mentre caratterizza la strada centrale, più grande e nobile, con lunghi porticati su tutti e due i fronti, rifacendosi all’antica Portica.
Con questa soluzione progettuale, molto scenografica nel disegno prospettico, il Capranica in realtà non fa altro che costruire, al posto dell’unica esistente, due ‘spine’ che, anche se regolari, non risolvono il problema della visibilità della Basilica Vaticana e della sua cupola.

La legge delle Guarentigie (1870)

Con la legge delle Guarentigie il Vaticano con la Basilica di San Pietro diventa zona extraterritoriale e viene separato dalla zona dei Borghi che è invece annessa all’Italia.
Inoltre, con il trapasso dei poteri fra il governo papale e quello italiano nasce l’esigenza della trasformazione della città di Roma, destinata a diventare la nuova capitale dello stato. Il problema era assai complesso in quanto vi era la necessità di trasformare la città senza distruggerla, considerando che in essa convivevano varie realtà: le parti medievali, più popolari, quelle rinascimentali, legate all’utopia di una Roma cristiana monumentale, simile a quella della Roma classica ed infine, quelle scenografiche barocche e settecentesche. Purtroppo la cultura italiana di fine Ottocento, impreparata al problema generale della trasformazione dei centri storici ed interessata ai valori del passato in modo retorico, non è riuscita a cogliere questa particolare unicità della città di Roma. 
Le trasformazioni effettuate, basate per lo più sugli sventramenti, spesso hanno infatti solo distrutto, senza integrare nel nuovo organismo urbano quello antico.
Infine Roma, capitale del regno italiano, con i nuovi percorsi di attraversamento diretto, simili a quelli sistini, ha manifestato la volontà politica di creare direzionalità alternative o addirittura opposte all’area del Vaticano, in modo che la città, dopo tanti secoli, rivolgesse le spalle a San Pietro. Il caso più emblematico è quello dei Lungotevere che costituiscono ancora adesso una forte barriera posta tra tutta la città e San Pietro.

Progetto Cipolla (1872)

Nel 1872 un consorzio di proprietari dei Prati di Castello presenta al Consiglio Comunale un progetto, già accettato dall’Ufficio Tecnico Comunale e redatto dall’architetto Antonio Cipolla, che consiste in una grande strada, destinata a diventare l’asse principale del nuovo quartiere che unisce piazza del Popolo a piazza San Pietro e con gli obelischi aventi funzione di punto di riferimento visivo. Tale progetto, anche se non realizzato, è importante perché rappresenta un tentativo di creare un collegamento, attraverso il nuovo quartiere Prati, tra la città e San Pietro, in contrapposizione alla tendenza di isolare la zona del Vaticano.

P.R.G. 1873

I Piani Regolatori Generali del 1873 e del 1883, ma anche quelli successivi del 1909 e del 1931, tendono per lo più a creare grandi tracciati che tagliano la città in tutte le direzioni. Il piano del 1873 propone tra l’altro la demolizione della Spina, motivandola con il fatto che impediva la visione della cupola di Michelangelo, sebbene nel tracciare il nuovo quartiere dei Prati di Castello si era fatto di tutto affinché non si potesse vedere.

Borgo e il nuovo quartiere dei Prati di Castello. 

Il tessuto del rione Borgo esteso oltre le mura concorre a determinare gli allineamenti di strade, isolati e fabbricati nei Prati di Castello. Ad un isolato del rione ne corrisponde uno del nuovo quartiere, le strade del rione a volte allargate e spesso rettificate seguitano tutte uguali nella maglia uniforme dei nuovi fabbricati. Non ci sono invece infrastrutture del verde e rare sono le strade che per sezione possono essere alberate.

Cronaca degli anni 1881- 1882

Il Consiglio Comunale di Roma approva la demolizione della Spina prevista dal Piano Regolatore ma, per un successivo parere contrario della Giunta Comunale nel 1882, viene deciso di non dare corso al progetto. Infatti dopo un esame critico del Piano Regolatore da parte della Giunta, l’esecuzione di tale intervento non è ritenuta urgente ma soltanto decorosa, ed essendo inoltre assai dispendiosa, viene rimandata. Soltanto un consigliere della Giunta, il conte architetto Vespignani, aggiunge riserve di carattere estetico.

P.R.G. 1883

Nel Piano Regolatore del 1883 l’unica soluzione che viene prospettata nella zona di Borgo è una strada trasversale da Borgo Santo Spirito al centro dei Prati di Castello, ottenuta con il parziale sacrificio del palazzo dei Penitenzieri, ossia con il prolungamento di via della Lungara oltre piazza Scossacavalli e con l’allargamento dei vicoli dell’Erba, d’Orfeo e degli Ombrellari. 

Progetto Busiri Vici (1886)

Andrea Busiri Vici progetta la demolizione della Spina sostituendola con una lunga Galleria, divisa in due tronchi, che da piazza Pia si dirige verso piazza San Pietro, richiamando così l’antica Portica.
Il primo tratto della nuova Galleria, da piazza Pia alla piazza Scossacavalli, ha una sola navata larga 15 metri e lunga 100.
A livello di piazza Scossacavalli Busiri Vici interrompe la Galleria per rispettare palazzo Giraud-Torlonia, celebre opera del Bramante.
Il secondo tratto della Galleria, lungo 120 metri, e diretto da piazza Scossacavalli a piazza Rusticucci, è costituito da una navata centrale, larga sempre 15 metri e, perciò corrispondente a quella del primo tronco, e da due navate laterali di 6,5 metri. Questo secondo tronco di Galleria raggiunge così la larghezza di 28 metri come l’altezza della navata centrale che rimane costante per tutti e due i tratti. Invece, l’altezza delle navate laterali è di circa 20 metri come quella del colonnato berniniano.
La nuova Galleria, chiamata dall’architetto Leoniana, in ricordo di Leone IV che aveva recinto il colle vaticano creando la città Leonina nel IX secolo, ha nel prospetto iniziale verso il ponte Sant’Angelo sulla sommità un gruppo colossale di statue fra cui quella principale e centrale che raffigura l’architetto Bramante.
Un altro gruppo colossale, disposto all’inizio del secondo tratto, rappresenta invece Costantino il Grande con la sua famiglia che presenta a papa Silvestro la Basilica di San Pietro.
Infine, il prospetto principale davanti alla piazza berniniana ha sulla sommità il papa Leone X, grande mecenate, con ai lati Michelangelo e Raffaello.
La Galleria Leoniana potrebbe essere utilizzata, secondo un’idea originale e nuova dell’architetto Busiri Vici, anche per esposizioni temporanee di opere d’arte, come una sorta di museo quasi all’aperto.
La costruzione della Galleria è in travertino con pavimenti e decorazioni in marmo e prevede un’imponente illuminazione notturna di grande effetto per le due vie laterali dei Borghi.
Il Busiri Vici è convinto che le dimensioni della sua Galleria permettano di vedere fin dal suo ingresso, in corrispondenza di piazza Pia, l’obelisco, il prospetto della Basilica e la cupola. In realtà, poiché l’altezza della Galleria rimane uguale lungo tutto il suo percorso, a causa degli effetti prospettici dovuti alle distanze, la cosa sembra improbabile. 
Il progetto di Andrea Busiri Vici che si basa su una galleria assiale di contenimento dei nuovi spazi asimmetrici, creati dopo la demolizione della Spina, e sulla sistemazione simmetrica di piazza Rusticucci, ha comunque, anche se non realizzato, notevole risonanza, perché proposto da un architetto, non solo di grande fama, ma facente pure parte della Reverenda Fabbrica di San Pietro. Pertanto tale progetto influisce certamente sulla nuova proposta di demolizione della Spina del 1887.

Progetto del Comune (1887)

Nel progetto del 1887 viene di nuovo proposta la demolizione di tutti gli isolati tra Borgo Nuovo e Borgo Vecchio ed il taglio della fronte degli edifici di Borgo Vecchio che viene arretrata in modo tale da renderla simmetrica alla fronte di Borgo Nuovo.
Vengono inoltre proposte l’apertura di una nuova strada che da piazza Rusticucci conduce direttamente a Porta Cavalleggeri, la rettificazione di Borgo San Michele, l’allargamento di via di Porta Angelica e il suo raccordo con la piazza Rusticucci, il prolungamento di Corso Vittorio Emanuele al di là del ponte omonimo e il raggiungimento, attraverso i due Borghi, del quartiere dei Prati di Castello con l’allargamento del vicolo della Traspontina e della via di Porta di Castello.
Con il progetto di prolungamento di Corso Vittorio Emanuele al di là del Tevere fino a piazza San Pietro e al nuovo quartiere di Prati di Castello, la sistemazione dei Borghi si rivela funzionale ad una strategia urbana molto più ampia rispetto allo specifico contesto d’intervento. Lo sventramento della Spina e le conseguenti ristrutturazioni cercano non solo di unire il Vaticano al quartiere Prati e alla zona di Porta Cavalleggeri ma soprattutto, di creare anche le premesse per collegare, attraverso il centro storico, tutta questa area con Termini. Pertanto lo scopo è quello di generare ulteriori interessi di valore urbanistico ed economico per prolungare via Nazionale fino al Tevere.

Cronaca degli anni 1887-1890

Il progetto comunale del 1887 per la zona dei Borghi viene criticato da gran parte dell’opinione pubblica. 
Ad esempio Domenico Gnoli, un appassionato studioso di Roma, nei primi mesi del 1887, pubblica sulla rivista Nuova Antologia uno studio sulla casa di Raffaello situata nella Spina dei Borghi e destinata quindi alla demolizione. Con questo articolo si apre sulla stampa un dibattito così acceso da costringere il Ministero dell’Istruzione a richiamare l’attenzione del Comune di Roma sul problema relativo al modo di intervenire sull’area dei Borghi, cercando di ridurre il più possibile i danni sulle sue memorie storiche ed artistiche.
Il 12 luglio del 1887 la Giunta Comunale di Roma e il Ministero dell’Istruzione formano una commissione di delegati governativi e municipali di cui fa parte anche lo stesso Domenico Gnoli che però, si dimette dall’incarico nel gennaio del 1888, dopo aver compiuto una serie di studi sulla casa di Raffaello, individuata all’interno del palazzo dei Convertendi, ed aver eseguito un’accuratissima ricostruzione della storia di Borgo. Il suo studio si conclude con tale augurio: «Nell’ipotesi che il gusto dominante degli allargamenti possa portare allo sventramento della Spina, non si ceda a quel principio della simmetria in nome della quale si richiede pure il taglio delle fronti edilizie dei Borghi, in quanto difetti di regolarità offendono assai più veduti sulla carta che nella realtà e che nel peggiore dei casi conviene tornare ai piani, settecentesco del Morelli o ottocentesco dell’Amministrazione Francese, in modo da poter salvare almeno la casa degli Alicorni e i palazzi Cesi e dei Penitenzieri».
Alla fine dell’anno 1888 la Commissione ritiene che il palazzo dei Penitenzieri, prezioso per i suoi affreschi del Pinturicchio, non possa essere assolutamente demolito o tagliato.
Il 5 gennaio 1889 il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici riconosce invece la pubblica utilità delle opere previste nel piano dei Borghi provocando la reazione del Ministero della Pubblica Istruzione.
Pertanto la Commissione è costretta ad intervenire nuovamente, decidendo definitivamente il 24 gennaio dello stesso anno che il fronte edilizio di Borgo Vecchio debba essere conservato fino a tutto il prospetto del palazzo Cesi.
Nel maggio successivo la Giunta Comunale rinuncia al ritiro dei fabbricati lungo il fronte di Borgo Vecchio. 

Progetto Viviani (1889)

Il nuovo progetto redatto da Antonio Viviani lascia perciò intatto tutto il fronte edilizio di Borgo Vecchio, ritornando alle soluzioni settecentesche ed ottocentesche limitate alla sola demolizione della Spina. Si giunge però alla sospensione del progetto con la motivazione di una grave crisi economica ed, in attesa che migliorino le condizioni finanziarie, il Comune si propone di studiare nuove soluzioni tecniche.
La crisi economica quindi, in questo caso specifico, giova a conservare il patrimonio storico e culturale più dello stesso sviluppo economico. In realtà, la crisi finanziaria sembra più una scusa per accantonare un progetto che non convince più nessuno. Infatti l’abbandono di questo progetto non è tanto dipeso dalle accese polemiche apparse sulla stampa, anche se ben motivate dall’autorevole Domenico Gnoli, ma più che altro dal grande divario di interessi politici ed economici fra l’Amministrazione Capitolina, incapace di rivendicare la sua autonomia, e le Istituzioni Governative, spesso pure in disaccordo fra loro.
Nel maggio del 1890 il Comune comunque chiede con la dichiarazione di pubblica utilità l’esproprio di alcune aree limitate però solo alla zona della strada che conduce da piazza Rusticucci a Porta Cavalleggeri.

La pianta del Lanciani (1892)

Rodolfo Lanciani nella sua Forma Urbis in una stratificazione storico-archeologica sovrappone lo stato di fatto della città alla data del 1892 non solo alla pianta dei monumenti antichi dell’epoca romana, ma anche alle piante medievale e moderna.
Nel caso dell’area di Borgo la sovrapposizione è particolarmente complessa poiché comprende più di venti secoli di storia.
Lo studio del Lanciani è di notevole importanza in quanto evidenzia la necessità che qualsiasi trasformazione urbanistica si debba comunque basare sulla conoscenza del passato.

continua nella seconda parte