I BORGHI SCOMPARSI

 

Il "Calligrafismo lirico" negli acquerelli di Fammilume

Giuseppe Fammilume (Pollenza 1896 - Roma 1952), marchigiano ma romano d'adozione, fu un artista versatile e di raffinata sensibilità. Pittore, disegnatore, acquerellista, decoratore, affreschista e abile restauratore Fammilume deve la notorietà soprattutto alla serie degli acquerelli ritraenti l'antico rione Borgo, conservata presso il Museo di Roma a Palazzo Braschi. L'intera raccolta di 200 acquerelli, frutto di sei anni di paziente lavoro, fu eseguita dal vero dal 1936 al 1942, prima , durante e dopo la demolizione della cosiddetta Spina dei Borghi, che sovvertirà la struttura del quartiere per dare spazio alla nuova arteria di via della Conciliazione, progettata dagli architetti Marcello Piacentini e Attilio Spaccarelli. Anticipò tempestivamente l'opera del "piccone demolitore" per riuscire a fissare, attraverso una analisi minuziosa di sfumature e dettagli, quelle immagini secolari di un quartiere paese, che sembrava autonomo rispetto al resto della città sull'altra sponda, destinate a scomparire e a tramandarne il ricordo.

La raccolta costituisce la più completa  e preziosa  documentazione storico-visiva dei Borghi Vaticani e può essere considerata una sorta di continuazione ideale della Roma Sparita dipinta da Ettore Roesler Franz (1845-1909), di cui sono conservate 119 opere presso il Museo di Roma, eseguite ad acquerello tra il 1876 e il 1898 e che raffigurano gli angoli caratteristici della città prima che scomparissero o si alterassero alla fine del XIX secolo.

Un primo nucleo di acquerelli sul tema dei Borghi venne presentato alla pinacoteca Comunale di Macerata; Biagio Biagetti, direttore del Laboratorio di Restauro dei Musei Vaticani. pronunciò in occasione dell'inaugurazione un encomiastico discorso, che sin dal 1923 fu uno dei suoi stimati e più stretti collaboratori.

Centoquarantadue opere della stessa collezione, prima dell'acquisto da parte del Comune di Roma direttamente dall'autore (delibera n° 3188 del 28 Luglio 1950), vennero poi esposte, dal 21 maggio al 5 giugno del 1949, alla Mostra Artistica Documentaria degli Scomparsi Borghi di San Pietro, allestita e patrocinata dall?Associazione Romana di Educazione Artistica  "A.R.D.E.A.", presieduta da Guglielmo Pelami, prima nel suggestivo angolo del Rione Ponte, preso l'antica sede del Pio Sodalizio dei Piceni, in Piazza San Salvatore in Lauro e quindi in via di Parione. La mostra vide l'intervento di molte personalità della cultura e della politica nonchè di molti borghigiani grati all'artista per aver sapientemente riprodotto il loro amato borgo, suggellandone per sempre il ricordo.

Piero Scarpa sull'articolo del Messaggero del 25 maggio 1949 esprime un giudizio positivo sull'opera dell'artista e allude scherzosamente al suo cognome trovandolo appropriato alla finalità che egli si proponeva di raggiungere con il ciclo illustrativo esposto in mostra.

Nel 1985 una selezione di questa serie di acquerelli fu esposta in una mostra dedicata all'illustre concittadino dal Comune di Pollenza.
L'artista pollentino, addetto per circa trent'anni ai laboratori di restauro del Vaticano, che al di là dell'affettuoso legame con la natia Pollenza si sentiva romano, anzu borghigiano, rappresentò fedelmente gli ambienti più caratteristici dei luoghi a lui cari cogliendone l'intima essenza negli angoli più segreti in cui riuscì a penetrare, oltre che ad evidenziarne i valori artistici e storici; i vicoli semibui con le fontanelle, le botteghe, le osterie, i laboratori degli artigiani, gli interni delle case, i cortili dei palazzi.

Quel borgo popolaresco ai margini del Vaticano che contrastava con la sontuosità del massimo tempio della cristianità, << in cui quiete profonda clericale, cominciava coi palazzi bigiognoli, silenziosi, con le botteghe di oggetti sacri, statuette, immagini, oleografie, rosari e crocifissi su cui era messa pomposamente la legenda: oggetti d'arte >>, secondo l'appropriata descrizione che ne dà la Serao in uno dei suoi romanzi, era un ambiente così famigliare che doveva ricordargli il luogo natio.

I critici e quanti lo conobbero ricordano che nelle ore libere Fammilume solesse girovagare nel quartiere e, scelto l'angolo da riprodurre, si sedesse sul seggiolino pieghevole, che portava sempre con sé, di fronte al suo cavalletto e armato di tavolozza e pennelli iniziasse con fervore il suo lavoro, incurante dell'inclemenza delle stagioni, dello stuolo vociante dei "regazzini" curiosi che gli si assiepavano intorno, della polvere irrespirabile dei palazzi demoliti, e del rumore dei carri carichi di merce.

Fammilume riesce in queste piccole opere a raggiungere con l'uso sapiente dei colori più limpidi e cangianti la fusione atmosferica, ottenendo con velature cromatiche in trasparenza dei magici effetti di luce dorata che intridono le vedute secondo il metodo luminista di Lorrain.
Alcuni acquerelli riproducono i cortili dei celebri palazzi in cui l'artista è riuscito ad inoltrarsi: il cortile di palazzo dei Penitenzieri decorato con graffiti quattrocenteschi, quelli di palazzo Cesi e di palazzo Rusticucci. Rivivono le immagini degli edifici distrutti o trasferiti in altri luoghi o ancora esistenti: l'Arciospedale di Santo Spirito, uno dei più antichi fabbricati dell'omonimo Borgo, circondato dalle rovine dell'ospedale di San Carlo, il cinquecentesco palazzo Ruisticucci in Borgo Vecchio poi spostato sull'altro lato, il severo palazzo dei Penitenzieri fatto erigere dal cardinale Della Rovere e attribuito a Baccio Pontelli, l'imponente palazzo Serristori, il palazzo Giraud - Torlonia, la perla del rione, con la lineare facciata di travertino, splendido esempio di architettura toscana del XV secolo, il palazzo Sauve, punta della Spina verso piazza Pia, la chiesa di San Giacomo prima  e durante le demolizioni in piazza Scossacavalli, fulcro della Spina con al centro la sobria fontana attribuita al Maderno e trasferita nel 1958 dinanzi alla chiesa  di Sant'Andrea della Valle, e infine lo storico passetto o corridore, che congiunge il Palazzo Vaticano con Castel Sant'Angelo e immette attraverso i suoi fornici nelle vie e viuzze di Borgo Pio: via del Mascherino, vicolo delle Palline, vicolo del Farinone.

Alcuni acquerelli, di grande interesse, documentano la progressione delle demolizioni con le impalcature ancora addossate agli edifici già in parte smantellati e circondati da macerie. Spesso, seguendo le tormentate vicende del rione, usa la luce per mettere a nudo o per avvolgere con i mezzi toni gli edifici ormai mutili, i muri corrosi, i cumuli delle rovine creando in questo caso un'atmosfera sospesa quasi metafisica.
Egli non viene sfiorato dai movimenti artistici del tempo, rimane ancorato alla tradizione della pittura ottocentesca; ama dipingere en plain air << dove la luce no è unica, e si verificano effetti multipli (...) >> come asseriva Emile Zola, per rappresentare gli stessi luoghi sotto diverse luci, a seconda delle ore, motivo primario dell'arte degli impressionisti, perchè la sua pittura <<è verità e forma costruttiva della spirito>> come spesso soleva affermare l'artista.

Le realistiche immagini romane del Fammilume, prive delle seducenti suggestioni visionarie e delle crepitanti esperienze degli artisti della Scuola Romana e lontane dell'espressionismo realistico di Scipione, suo conterraneo, che crea immagini di Roma colme di pathos e di torbido misticismo e che pure dipinge nel 1930 la Via che porta a San Pietro, possono effettivamente essere considerate esempi di << calligrafismo urbano >> intriso di un nostalgico lirismo.

In alcuni monocromi l'intenzione del pittore non era più la resa del gioco delle luci e dei colori, ma solo quella di documentare o mostrare nella realtà obiettiva il danno che avrebbero apportato le demolizioni come ad esempio nell'acquerello monocromo in color seppia L'ultimo tratto di Via Borgo Nuovo, sul cui fondo torreggia la basilica vaticana, o nel monocromo in terra di siena che rappresenta la Spina durante i lavori di demolizione.
La figura umana trova poco spazio nel contesto urbano rappresentato: il passante solitario attonito, il vecchio all'angolo della via, quello seduto nel negozio di lisciva o quello appoggiato al bastone di fronte al portone in vicolo delle Palline, due fratelli, una madre con il bambino accanto al colonnato berniniano, il gruppo di suore, lo scolaro, l'operaio con il piccone in piazza Scossacavalli. I rari personaggi rappresentati se sotto un certo aspetto vivificano le immagini e le rendono più reali, dall'altro ne accentuano la desolazione e lo sgomento provocato dall'evento demolitore.

Fammilume incornicia personalmente le vedute dei Borghi con semplice cornici in legno di faggio, curandone anche il passpartout in cartoncino a buccia d'arancia, trattato a tempera, in alcuni quadri purtroppo deterioratosi.
Ogni opera è firmata e datata e reca sul retro la didascalia di mano dell'autore, pertinente al soggetto rappresentato, ed una sigla (lettera/numero) corrispondente a quella riportata su di una pianta dei Borghi in cui le lettere identificano gli isolati mentre i numeri si riferiscono ai soggetti trattati.


 

Bibliografia specifica su G. Fammilume

T. Simonelli, Una bella opera d'arte al teatro Comunale do Pollenza in "L'Avvenire d'Italia", 1927.

Macerata - Onorificenza pontificia ad un nostro artista, in Cronaca di Ancona, "L'Avvenire d'Italia", 7 agosto 1948.

Mostra dei Borghi scomparsi, in "Il Popolo", Roma 21 maggio 1949.

P. Scarpa, A Palazzo dei Piceni - Gli scomparsi Borghi di San Pietro in una mostra artistico documentaria, in "Il Messaggero", 25 maggio 1949.

A.C., Documenti per la Roma Sparita - Rivivono i Borghi negli acquerelli di Fammilume, in "Il Quotidiano", Roma, 31 maggio 1949.

Arrigonio, Decoro di Roma - La mostra dei Borghi demoliti, in Cronaca di Roma, L'Osservatore Romano, 3 giugno 1949.

G. Spina, Note d'arte in "Giornale d'Italia, Buenos Aires, 15 maggio 1951.

Il Prof. Fammilume, in "L'Osservatore Romano", 22 febbraio 1952, n° 45.

P. Manzi, Artisti di casa nostra - Innamorato di Roma e Pollenza il pittore Giuseppe Fammilume, in Cronaca di Macerata, "Il Resto del Carlino". 18 novembre 1960.

A. Valentini, G. Di Domenico Cortese, E. Ricci, S. Di Bartolomeo, S. Troiani, Giuseppe Fammilume, gli acquerelli, a cura di A. Valentini, cat. mostra, Pollenza, 1985.

S. Troiani, Memorie, verità, poesia, in Colori, forme, radici - I versanti della creatività, cat. mostra, Pollenza, 1990.

E. Ricci, Le edicole dei Borghi prima e durante le demolizioni negli acquerelli di Giuseppe Fammilume, in Edicole Sacre Romane, a cura di L. Cardilli, cat. mostra. Roma, 1990.

1896/1996 Giuseppe Fammilume a cento anni dalla nascita, a cura di A. Valentini, cat. mostra, Pollenza, 1996.